domenica 4 settembre 2016

Sono solo un ricordo, un romanzo d'amore. Perché i sentimenti non conoscono genere o sesso

Dal blog di Babette legge per voi, C.K.Harp parla del suo romanzo d'esordio nella narrativa lgbt. Perché lo pseudonimo? Perché proprio ora? Cosa cambia, rispetto ai miei romanzi precedenti?




Ci sono storie che nascono in fretta, in un lampo. C’è l’idea, ci si dorme una notte sopra e tac: al mattino successivo tutto è chiaro, in ordine, predisposto. I personaggi parlano e tu, che sei il loro tramite – si dice – scrivi, narri.
Ma non tutte le storie sono così, non tutti i personaggi sono semplici da decifrare e delineare. Ci sono romanzi che impiegano anni per sedimentarsi, per prendere forma e senso. Ci sono romanzi, addirittura, che richiedono un lavoro interiore, un cambio di rotta, una rivoluzione copernicana.
Questo è ciò che è accaduto a me, proprio questo. E sono diventata C. K. Harp pur di dar vita a questo romanzo e a tanti altri che cercavano una chiave diversa da quella che finora ho utilizzato.
“Sono solo un ricordo” è nato quattro anni fa, nella sala della nuova casa da scapolo di mio nonno. Scapolo per forza, mia nonna era già andata via pochi anni prima, lasciandolo distrutto e desideroso di seguirla a breve. E in preda al Parkinson e alla demenza che galoppava neanche fosse un purosangue.
La storia di Ty e Richard non esisteva, allora, così come non esisteva del tutto la mia passione per la letteratura LGBT, ma c’era l’idea. Perché odiavo il fatto di non riconoscere più quella persona che giocava a carte con me sul tavolo dopo pranzo. Odiavo non ritrovare il suo cipiglio burbero. Mi spiazzava il fatto che mi chiedesse di tenergli la mano prima di dormire, o che fossimo io e mia madre ad accudirlo. O mia zia, o il badante… Mi divertiva quando lo sentivo “sbroccare” all’improvviso, lo ammetto, perché era una cosa talmente surreale che guardavo mia madre e non potevo fare a meno di ridacchiare. Si ride, a volte, quando non si riesce a spiegare la realtà…
Come quella volta in cui si girò e chiese a mia madre: “Te ricordi quanno annavamo a cercà l’oro a Villa Gordiani? C’avevo 5 anni e te me tenevi la mano”.
In quel periodo mi chiedevo spesso quanto fosse presente in lui la malattia, quanto invece la lucidità di sapersi infermo. Pensava al suo grande amore? Ripensava ai giorni in cui aveva incontrato mia nonna alla fontanella e aveva sentito “quer friccico ner core”?
L’idea, ripeto, c’era, ma la capacità di svilupparla, farne qualcosa di diverso da un racconto, no. E intanto riflettevo, vivevo, vedevo le parole sfumare e lo sguardo di mio nonno farsi più vacuo. Era la vita, ma era la prima volta che mi soffermavo a chiedermi come operasse fino in fondo.
Poi di Spartaco e Rosa non è rimasto che il ricordo, la forza, l’amore. Soprattutto l’amore, l’uno per l’altra. Per me è sempre stato impossibile pensare a uno senza considerare l’altra. Così continua a essere ancora adesso.
Volevo testimoniare quel sentimento, quel legame che valicava tempo e spazio, ma ero frustrata perché non trovavo la giusta chiave di lettura per interpretare il bisogno che sentivo dentro.
Sono passati anni, il pensiero è rimasto, ma le necessità di scrittura sono mutate, si sono piegate, hanno seguito linee a volte diverse da quelle che volevo. Insomma, sono andata avanti col tarlo che mi rodeva il cervello.
Poi ho scoperto la letteratura LGBT, le grandi storie d’amore tra uomini e tra donne, e in un colpo solo mi si è aperto un mondo. E la trama.
Ma non ero pronta, non ancora. Avevo bisogno di maturare, non potevo improvvisare. In fondo venivo da realtà completamente diverse, dove l’amore era amore, certo, ma stracolmo di cliché che mi andavano stretti e limitavano. Così ho iniziato a scrivere altro, è nato C.K.Harp, ho dato sfogo alla vena thriller che mi aveva sempre pungolata, ho preso una pausa.
Ho preso una pausa: lunga. Sono giunta sulla soglia della grande distribuzione, c’è una R, ora, sul mio curriculum, che non rinnego e che mi ha aperto porte insospettabili, ma… Ma non è quello che voglio. Ovvero, non come lo voglio.
E proprio da questa consapevolezza è nato “Sono solo un ricordo”, hanno preso forma Ty e Richard, si è sviluppata la loro storia, la loro unione.
Ho narrato l’amore, ma anche la vita, le sue complicanze, i suoi risvolti non sempre piacevoli, perché come cantava Mariella “Così è la vita, che ci sospende, con i suoi fili inconfondibili, il suo cuore palpitante, e il nostro sangue che si rapprende”.
La vita non è solo una fiaba rosa in cui immergersi, per quanto risulti bellissimo – anche per me – perdersi a volte in risvolti privi di drammi e pianti. Nella realtà c’è sempre un “ma”, e trovo che l’amore, quello vero, passi per sfide e colpi da sopportare e superare, e che non conosca colori o generi d’appartenenza, solo strade. Strade parallele che ogni tanto, per volere di qualcosa o qualcuno, si raccordano e uniscono.


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domenica 3 luglio 2016

L'angelo giustiziere, disegni di Arces, è il settimo fumetto della D'Ascani ed esce su Lanciostory numero. 2149 del 13 giugno.

giovedì 12 maggio 2016

Sette anni di Facebook

Oggi il caro Zuck mi ricorda  che sono esattamente sette anni che abbiamo fatto la reciproca conoscenza, ringraziandomi del mio desiderio espresso nel momento in cui ho voluto far parte della sua comunità. Certo, se il gettone d'entrata fosse stato pari a un quarantesimo di quello che tira su lui ogni anno, grazie a noi, sarei stata più contenta, ma forse devo gioirne ugualmente.

Sette anni fa feci il tentativo di aprirmi al mondo, di fare capolino da una finestra che fino a quel momento era rimasta chiusa. Riuscendoci.
Sette anni iniziai, molto lentamente, a rompere alcune delle catene che mi tenevano nascosta ai più, cominciando a scrivere per davvero, interagendo, ridendo con persone diverse da quelle che ero costretta a frequentare. Le limitazioni erano tante, dal punto di vista mentale, ma il coraggio insospettabile, lo stesso che poi mi ha permesso di attuare la mia rivoluzione, era lì e usciva fuori nel momento opportuno.
Avevo un sorriso spento, di plastica, finto quanto poteva esserla la mia felicità, ma non l'ho mai cancellato del tutto. Volevo esserci, volevo vivere, nonostante tutto. Quando parlo così sembro una "survivor", ma credetemi se vi dico che a volte mi sento proprio così.
Posso dire di essere rinata grazie a questo social? Non lo so, ma è fuor di dubbio il fatto che grazie al suo avvento io sia cambiata, sentendomi finalmente più libera, respirando aria nuova e fresca; essere su internet ha determinato l'inizio di un rapporto che sul serio ha stravolto la mia esistenza, portandomi a essere quella che sono ora.

La realtà è che sette anni fa c'era lui, sempre e solo lui, il mio incubo giornaliero, e destreggiarmi tra il desiderio di evasione e la sudditanza psicologica che piegava ogni mio tentativo, era sfiancante, avvilente. All'epoca, ricordo, c'erano i forum e io già tramite quello di Virgilio avevo dato vita alla Federica social, a quella che viveva una vita parallela e appagante, a quella che scriveva poesie cupe, ma che era pronta a riderci su. Perché quella Federica conosceva l'inferno, ma non lo ammetteva neanche a se stessa, donandosi all'horror perché era la scelta naturale di un animo in continuo tormento.
Ho conosciuto tanta gente, sette anni fa -bon, facciamo anche otto- e alcuni ancora fanno parte della mia vita, con mia grande soddisfazione. Loro sanno, pur non sapendo. Conoscono ciò che ero, pur non rendendosene conto. C'era gente presente al mio delirio, che mi apprezzava per come ero, nonostante tutto.
Se non avessi avuto facebook avrei faticato a riallacciare i rapporti con quello che poi è diventato mio marito, avrei fatto i salti mortali per giungere a una consapevolezza di me stessa come quella che attualmente ho, avrei solo sognato il piccolo Attila che gira per casa e rallegra ogni istante dei miei giorni.

Devo dire grazie a Zuck? Oggi credo proprio di sì.
Internet sa essere una giungla, ma anche un mezzo per avvicinare le masse, per farle sentire a casa, per proteggerle dalle brutture della vita quotidiana. Forse non è "normale", ma di certo è realtà.
Cristallo senza l'era social non sarebbe mai stato concepito; la mia scrittura, forse, sarebbe rimasta acerba e cristallizzata a quel periodo, così come la mia vita.
Sette anni fa c'era lui e solo lui.
Oggi ci sono io, la mia famiglia, i miei amici, il mio lavoro.
Oggi respiro. Oggi sorrido.
Oggi vivo.

PS. Se a Zuck je serve uno spot, io so perfetta!

Cristallo è in vendita su Amazon e su tutti gli stores online

martedì 3 maggio 2016

Cristallo: come tutto ha avuto inizio

Il 1 maggio è uscita la seconda edizione di Cristallo, romanzo con il quale sono rientrata, tre anni fa, di nuovo in pista con la scrittura. Certo, lo avevo fatto in febbraio con l'Inferno di Rebecca, molto simile per tematiche, in realtà, ma era Cristallo il testo che davvero mi rendeva libera.
Rimettersi in gioco dopo sei anni non era facile, soprattutto al pensiero di aver mollato quando avevo tutte le carte in regola per arrivare molto prima a un traguardo voluto. Ma sentivo di doverlo fare, di volerlo fare. Perché avevo mollato? Ne parlo spesso, ma non spiego mai.
Lasciai tutto, nel 2009, e fu per vivere il calvario descritto in Cristallo. Non tutto, certo, ma una buona parte. Tra il 2013 e il 2014 ho scritto la prima versione Cristallo, oggi esco con la seconda edizione. Più matura, più realistica, ben più forte. Prima non ero pronta, adesso sì.

Scrivere per me era davvero un sogno, come per tutte le ragazzine che coltivano il desiderio di raccontare storie, e il giorno in cui mio padre entrò in ufficio con la copia del mio primo libro, Dacon, facendomi una sorpresa inattesa, ricordo che mi illuminai. Per poco, sì, ma lo feci. Perché avevo visto l'amore e la fierezza negli occhi di chi davvero mi voleva bene. Capirlo era praticamente impossibile, ma percepirlo invece sì. La realtà era che il mio cuore, la mia testa, cercavano altro: altre conferme, altrui festeggiamenti. Una stima rincorsa nel tempo, un'accettazione di quella che ero per come ero.
Che  non arrivarono.
Mai.
Chi scrive sa quanto sia importante il sostegno della propria famiglia. Se non altro, del partner, quando si ha (e quando non si ha, in alcuni casi, è molto meglio, credetemi). Se quello che si riceve, specialmente durante i primi passi nella scrittura, è disprezzo e invidia, per quanto la passione sia forte, si tenderà a mollare tutto, a tralasciare le proprie inclinazioni, a credere di non valere nulla, di non fare, in fondo, chissà cosa.


Ora so, a distanza di anni, che la ritrosia di chi mi era accanto, che sperimentai sulla mia pelle, fu soltanto la proiezione di un'invidia cocente, della sensazione di inferiorità che ha portato poi a tutto ciò che ho vissuto... Inferiorità non mia, ma di chi mi faceva sentire tale. Allora, però, non lo sapevo, non lo capivo, non volevo accettarlo. Nella prima versione di Cristallo si parla di "una nota stonata in fondo a quella melodia che sembrava amore" ed è proprio così che andavano le cose. Sapevo, ma non volevo vedere, ascoltare, sentire, accettare.
Quando uscii con Astri di paura la situazione era già peggiorata ed erano trascorsi solo pochi mesi dalla pubblicazione di Dacon. Avevo perso ogni slancio, ogni desiderio, e seppur riscontrassi i miglioramenti, le critiche positive, una popolarità insperata, la vita mi portava altrove.
Lui mi portava altrove. E Cristallo cominciava a scrivere le proprie pagine, in maniera autonoma, come uno spettro che segue ogni tuo passo, in silenzio, delineando per te una strada impervia.

I sei anni che seguirono furono l'incubo, il baratro, l'inferno. Non me ne vergogno più, ora, ma non lo avrei mai ammesso prima. Non me ne vergogno perché non voglio vergognarmene, non perché ci sia l'istinto reale, in me, di rivalsa o accettazione. Ci faccio i conti ogni giorno, ormai il cristallo infranto dei miei 20 anni è parte di me, si ricompone pezzo pezzo andando avanti.
Ma c'è un pensiero che mi pungola e che non mi lascia in pace, ed è lo stesso che mi ha spinta a scrivere il romanzo che racconta una storia uguale a tante altre, inascoltata perché inutile per molti.
Vedere i miei genitori arrabattarsi per trovare una soluzione ai miei cambiamenti, all'epoca, mi logorava, mi deprimeva, mi faceva infuriare. Non è facile per chi vive l'inferno, non è facile per chi ne è spettatore inerme.


Questo pensiero non mi abbandona, nonostante siano trascorsi anni, perché vedo che la storia si ripete di continuo, in case estranee, in famiglie lontane chilometri, in quella del vicino...
Eppure io ho vissuto tutto questo: ho una responsabilità, no?
Come posso far capire, io, cosa significhi annullarsi e aspettarsi, nel contempo, il salvataggio? Come posso spiegare cosa sia l'essere in balia di una persona e desiderare ancor più violenza, amore, disprezzo, tregua... pace?
L'unico mezzo che ho trovato per fare tutto questo è stato scrivere parte della mia storia,mescolarla ad altre, mantenendo il file rouge dei miei pensieri, delle mie sensazioni. Perché ora non sono più una ragazzina, adesso sono una donna, sposata, con un bambino. Sono madre. Ho un bagaglio di esperienze, sulle spalle, tale da consentirmi un coming out responsabile.
Eppure sono sempre Federica, la ragazzina di 20 anni che, nel suo monolocale, davanti al computer, cercava una maniera per tirare fuori i propri mostri senza riuscirci. Perché i mostri erano quelli della sua anima, non quelli fittizi di una pagina di fumetto.

E ci sarebbe tanto altro da dire... Ma Cristallo è lì che vi aspetta ed è un buon punto di inizio per cominciare un serio dialogo, se volete. Se vorrete.

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Clicca qui per leggere la presentazione del romanzo tra le pagine di Babette

martedì 26 aprile 2016

venerdì 8 aprile 2016

Volevo essere Sailor Moon!

Dite che la D'Ascani si è impazzita? Delirio da troppi fumetti? Forse...
Il fatto è che sono pronta per presentarvi il mio piccolo ultimo nato di casa Rizzoli.
Per la collana only digital You Feel esce il 14 Aprile (ma è già in pre order su amazon)
You Feel - Mood ironico
Volevo essere Sailor Moon, romanzo d'amore mood ironico. Non poteva essere altrimenti, d'altronde...
Dunque, di seguito vi lascio la sinossi e la copertina megagalattica! Sarà che io me ne sono innamorata subito... Aspetto le vostre prime impressioni e... anche i commenti post lettura, obviously!


Perché a volte per trovare il principe azzurro servono i poteri magici!

Bea sarebbe una ragazza solare. Ma lavora per i quattro malvagi delle tenebre, è fidanzata da anni con Emiliano, ha una vita grigia e piatta quanto può esserlo un pollo ai ferri, e la sua amica Daniela non perde occasione di rimarcarlo. Però a Bea basta parlare al telefono con Simone, il nuovo collega della sede di Rimini, perché il suo cuore batta impazzito. Il Tuxedo Mask romagnolo, con la voce roca e il temperamento esplosivo, sembra uscito direttamente da un sogno, e quando finalmente Bea lo incontra dal vivo è magia. Non importa che gli occhi di Simone non siano azzurri come quelli del bel Cavaliere della Luna… Bea ne subisce il fascino come fosse Sailor Moon: tredicenne, imbranata, innamorata. Ma la vita reale è lì che incalza, con le figuracce sul lavoro, il fidanzato sbiadito, la canasta a Natale, e un’amica che nasconde qualcosa di grosso… eppure forse è proprio in un momento così che bisogna trovare il coraggio di fidarsi di un cavaliere misterioso. E liberare la guerriera impacciata ma grintosa che si nasconde dietro alla maschera dell’impiegata seria e posata.
Dall'autrice di “L’istinto di una donna” e “Splendido come il sole di Tulum”, una commedia brillante e audace, magica e appassionata, e sorprendentemente divertente. Com’è l’amore quando è quello vero.


                       


"
D’un tratto sentì una macchina inchiodare e fare retromarcia in maniera folle. Si voltò e per poco quella non la investì. Saltò quasi oltre il guardrail e strabuzzò gli occhi. Se nella macchina c’era qualcuno intenzionato ad aiutarla, non stava facendo un ottimo lavoro. Deglutì, improvvisamente spaventata. E se si fosse trattato di un serial killer? Si portò una mano alla bocca, il cuore a tremila.
            «Ma sei normale? Dov’è che vai in mezzo alla strada? Hai deciso che vuoi morire proprio oggi?» la apostrofò una voce fin troppo familiare. Il cuore le fece una capriola in petto, ma ignorò quel salto da acrobata e si inviperì.
            «E tu hai deciso di finire il lavoro che non ho portato ancora a termine? Cos’è, volevi mettermi sotto, per caso?» gli urlò contro, rossa in volto.
            «Mi è scappato il volante» tentennò Simone. «Ti ho vista all’ultimo momento e ho inchiodato. In ogni caso, che stai facendo?» tornò a chiederle riacquistando il suo cipiglio battagliero. Bea dovette ammettere che non lo ricordava così bello. Lo vide accostare, scendere dall’auto e fare il giro per andarle incontro. Era vestito tutto di scuro, fatta eccezione per una sciarpa, che sembrava meravigliosamente calda e morbida, grigio chiaro. Un modello, se non fosse stato per l’altezza non proprio statuaria."