giovedì 17 dicembre 2015

Prepara la valigia, Billy, si parte!

Preparare quelle valige era uno stillicidio continuo, simile alle gocce cinesi che ti logorano nel profondo partendo dalla superficie. Una mutanda: un'imprecazione. Un paio di jeans: una maledizione.
Odiava dover andare a stare da Rachel, c'era poco da fare, e il fatto che O'Brien gli avesse concesso i giorni di ferie senza neanche pensarci non faceva che renderlo ancora più frustrato. Zero scuse per scampare a una settimana - già, perché alla fine era diventata una settimana - priva di scopate, ma colma di giramenti di palle.
Rachel e la sua voglia di essere tutti felici.
Rachel, e la sua mania di controllo.
Rachel e quella sua voglia latente di farlo diventare un etero senziente.
«Che palle!» esclamò gettando un ultimo paio di mutande nella valigia e voltandosi con le mani tra i capelli. Gli occhi gli caddero sul suo riflesso e lì rimasero, con le dita incrociate sulla testa, le gambe un po' divaricate e il torace scolpito dalla natura. Doveva ammetterlo: di partire non aveva proprio voglia. Aveva già parlato con Jack, il vicino, che gli avrebbe tenuto Billy per quella settimana e curato le piante del giardino a cui teneva forse più del suo aspetto fisico. D'altronde quel suo piccolo polmone personale lo rendeva una persona migliore, almeno concorreva a tacitare la sua parte menefreghista, ma ansiosa di essere quanto meno umana. Sapeva di avere un carattere di merda, anche se con Rachel non lo avrebbe mai ammesso, e sapeva anche di non meritare le attenzioni che invece molti gli dimostravano. Come Liam. L'ultima volta che si erano sentiti, lo scrittore gli aveva fatto capire le sue intenzioni, proponendogli anche una vigilia in compagnia. Ovviamente aveva declinato l'invito, ben felice in quel momento di portare avanti il nome di Rachel come scusa.
Ma che problema aveva, lui, con i rapporti? Perché aveva così paura di impegnarsi con qualcuno? Liam non era affatto male, anzi... Bello, era bello; dolce anche, per non parlare di come se la cavava a letto. C'era qualcosa che gli sfuggiva, ma non sapeva realmente cosa...
«Che sei un asociale del cazzo, Dre Walker!» accusò il suo riflesso puntandogli un dito contro «e non hai scusanti. Tua sorella ha ragione» continuò avvicinandosi «non vuoi legami, non vuoi stare vicino a nessuno e non c'entra un fottuto niente il fatto che i tuoi siano morti all'improvviso. Tu eri così già da prima, caro il mio Dre» disse fermandosi un momento a osservare i suoi occhi neri scrutare il proprio doppio pensieroso. «Tu hai sempre odiato essere quello che sei. Tu, se avessi potuto scegliere tra essere una checca del cazzo ed essere etero, non ci avresti poi pensato tanto, ti pare? Tu non sei uno di quelli che se ne vanno in giro per strada a dire quanto è totalizzante essere omosessuali. Nossignore. Ma, ehi, non fraintendiamoci» allargò le braccia come Al Pacino «non è che rinneghi il tuo modo di essere: a te piace scopare uomini e il gusto che provi a farti sbattere non ha paragoni, ma... andiamo, sarebbe stata molto più facile la vita per te, se fossi stato dell'altra sponda, quella giusta... e tu lo sai» concluse a pochi centimetri dal suo volto con la tranquillità che lo aveva sempre contraddistinto durante i colloqui lavorativi e le interrogazioni a scuola. Ogni volta sembrava recitasse una parte e in fondo la sua vita non era proprio quello? Un copione di un film strappalacrime dal climax evidente... perfetto per i botteghini.


Nato gay in una città in cui se ne vedevano pochi come lui, e nero, che era un'aggravante, nonostante si trovassero al nord, aveva frequentato scuole normali, vero, ma con lo spauracchio sempre in agguato di non rivelare troppo della propria sessualità, che non si poteva mai dire - e questo rispecchiava la storia tipo di qualsiasi adolescente medio omosessuale del paese. Aveva frequentato il college, aveva avuto brevi storielle, mai degne di nota, e a un tratto la sua vita era stata stravolta dalla morte dei suoi in un supermarket come ce n'erano tanti in giro. Quindi la fuga verso un paese diverso e privo di ricordi troppo pesanti, nonostante quella casa fosse appartenuta ai suoi genitori, l'allontanamento da Rachel, la difficoltà a intraprendere storie serie, la fermezza nel voler continuare alla stessa maniera fino a ritrovarsi solo, rincoglionito e sempre incazzato con la donna delle pulizie come il suo vicino... Un film da Oscar,  tranne che per la fine ingloriosa. Ci sarebbe voluto un bel colpo di scena... già, ma quale?
«Quanto sei coglione, amico mio» sospirò voltandosi verso la valigia «tutti gli anni gli stessi identici discorsi e durante gli stessi identici giorni... Sei anche scontato, oltre che triste... Ma come hai fatto a diventare così?» si chiese retorico chiudendo la zip della borsa e uscendo sul ballatoio. Lanciò un'occhiata al piano inferiore, dalle scale, e osservò Billy mangiare i suoi croccantini scodinzolando soddisfatto. Ecco, quel cane era la sua unica vera gioia e abbandonarlo sotto le feste...
«Billy, ma... che ne dici se chiamo la compagnia e chiedo di portarti con me? Mi costerà un occhio della testa, ma per un membro della famiglia mi pare il minimo... La mia famiglia sei tu, d'altronde» sorrise indulgente in una delle sue rare performance nei panni del Dre Walker dolce e affabile. Scese tenendosi al corrimano senza mai distogliere gli occhi dal manto bianco del suo amico, quindi arrivò accanto a lui e si accucciò per accarezzarlo bonariamente. «E poi sai i piccoli come saranno contenti? Sì, be', tu un po' meno... Ti daranno il tormento e tu stai diventando asociale come me, temo...» gli sussurrò guardandolo mentre quello si voltava per lanciargli un'occhiata di sufficienza e alitargli in viso una zaffata di carne marcia. Dre si alzò di scatto, tossicchiando e sventolando la mano davanti alle labbra, atteggiando la bocca in una smorfia di puro disgusto. «Dio,Billy, che cazzo c'è dentro a quegli affari? Carogne? Mi toccherà chiamare il veterinario e segnarti qualche disgorgante... Cristo, non ti si può star vicino» borbottò ciabattando in cucina «e poi dicono che non sono dolce... ma cazzo, puzzi come una fogna...» continuò prendendo il cordless e tornando in salotto.
«Tu starai a dieta, da oggi» promise al pastore puntandogli un dito contro mentre con l'altra mano avviava la chiamata «e non ti sognare di rubacchiare da Rachel o dai bambini, perché tanto ti scopr... Sì? Olympia Airlines? Buongiorno... Josh, sì... Oh, ma che bella voce, Josh...» sorrise, alzando gli occhi al soffitto e mordendosi il labbro con un sorrisino malizioso che ne incurvava la piega dolce.

giovedì 10 dicembre 2015

Appuntamento scarica nervi... con Liam

«Dre, non puoi mancare, Cristo! Lo sai che i bambini ci tengono e io... Non puoi lasciarmi da sola proprio la sera di Natale, non dopo tutto quello che è successo...»
«Rachel, lo so, ma cerca di capire... Non è semplice neanche per me e venire a casa tua sarebbe come ammettere che effettivamente non c'è più rimedio, che...»
«Ma un rimedio non c'è, infatti! Mamma e papà non li farai certo tornare dal mondo dei morti soltanto perché rimarrai chiuso in casa come un eremita! Lo vuoi capire che oltre al lav...»
«Ma tu che cazzo ne sai di quello che faccio io? Che cazzo ne sai di come sto elaborando il lutto, eh? Pensi che non lo sappia che loro stanno marcendo sotto terra? Pensi che non sappia che non torneranno più da me? Non sono un bambino, non ho bisogno di una seconda madre, Rachel!»
«Vorresti dire che non hai bisogno di me?»
«Ma chi cazzo ha detto una cosa del genere? Oh, porca troia, ma è possibile che ogni volta che ci sentiamo finiamo per litigare? Non ci credo...» sospirò allargando le braccia e guardando al cielo. Un cielo fatto di bianco, faretti al neon e qualche ragnatela. Umidità schivata: menomale!
«Non fare il solito teatrale, Dre. Lo sai anche tu che hai un carattere di merda» lo apostrofò sua sorella col tono della serpe che era.
Inspirò profondamente, imponendosi la calma, quindi si leccò le labbra finendo per mordersi la lingua pur di non mandarla a fanculo. Lui, un carattere di merda? E lei, allora?
«Ascolta, al di là di cosa posso o non posso pensare, ho delle scadenze da rispettare al lavoro e tu non abiti proprio qua dietro, e...»
«Cazzate, Dre. Potresti partire il 24, al mattino, e tornare il 26 sera. Oltretutto sei un fottutissimo editor e lo sai tu come lo so io che questo è un lavoro che puoi fare tranquillamente da casa. Non capisco perché non vuoi stare in famiglia a Natale...»
«Rachel, mi fa male vederti» sbottò sbattendo la mano sul tavolo, al limite della sopportazione. Il silenzio che seguì le sue parole fu eloquente, quasi quanto il click finale col quale Rachel interrompeva la conversazione.
«Cristo santo» sospirò gettando il telefono sul sofà sotto lo sguardo annoiato di Billy. Sembrava fosse abituato ai loro scazzi e in effetti era così. Quante volte litigavano al mese? Almeno due su quattro... Una buona media, di tutto rispetto... Camminò stizzito in cucina, aprì il frigo e prese una lattina di birra, quindi si voltò e si appoggiò col culo al ripiano di marmo del lavabo, sorseggiando la bibita con gli occhi persi nel vuoto. Rivangare il passato non era proprio una scelta opinabile, così come farsi il sangue amaro per una discussione che prevedeva, tra le altre cose, la sua capitolazione nel termine di un paio di giorni.


«Che coglioni, mi toccherà andarci, alla fine!» esclamò dandosi una spinta di reni e sollevandosi per tornare in salone. Si mordicchiò il labbro, ingollando altra birra, quindi abbandonò la lattina su una mensola e riprese il telefono dal sofà. Scorse i numeri sulla rubrica, con una mano sul fianco, e intercettò il nome che avrebbe potuto fare al caso suo. Cosa c'era di meglio di una sana trombata per scrollarsi di dosso tutto il nervosismo accumulato? Lui era tornato in città, d'altronde, glielo aveva detto una settimana prima e lui lo aveva liquidato con un messaggio lapidario.
«Bene, vediamo se ha tutta questa voglia di cioccolata fondente» mormorò portandosi il ricevitore all'orecchio, in attesa. L'uomo non si fece attendere, quasi stesse attendendo proprio la sua telefonata da ore. Quando si diceva il fascino del bel tenebroso...
«Liam? Sì, ciao. Senti, ma... non è che ti andrebbe di... Perfetto! Ci vediamo... ah, ok, allora tra mezz'ora qui. Il tempo di farmi la doccia e... Cazzone!» rise «Ok, ti aspetto» gli disse terminando la comunicazione. Quando si voltò aveva ancora il sorriso tra le labbra.
 Lanciò un'occhiata fugace a Billy, ancora acciambellato nella sua cesta e troppo stanco per badare a lui, quindi volò verso il bagno, togliendosi la t-shirt e i pantaloncini durante il tragitto. Fece una doccia veloce, poi indossò un paio di boxer corti e aderenti e si sedette sul sofà, i piedi sul tavolino basso in cristallo, ricordo dei suoi. Di suo padre, precisamente. Accese la tv, si sporse a prendere la lattina di birra, ormai calda, e ne bevve un sorso storcendo la bocca. Natale e non sentirlo...
«Cazzo, a casa, di questi tempi, se uscivi senza paraorecchie ti ritrovavi con i lobi blu dal freddo» borbottò alzandosi « e invece qui ti si sciolgono pure le palle, se non le tieni a bada. Dicembre e fa un caldo soffocante!» finì aprendo il frigo e prendendo una nuova lattina. In quel momento il campanello di casa suonò, così ne prese una seconda e si diresse verso la porta. Era praticamente nudo, il suo cane dormiva della grossa e fuori il sole ancora era alto nel cielo. Un pompino, sorseggiando una birra ghiacciata, sarebbe stato il toccasana per i suoi nervi. Appena aprì la porta, le lattine entrambe incastrate nella destra, Liam lo divorò con lo sguardo. Se non avesse avuto i pantaloni addosso, Dre avrebbe potuto vedergli il cazzo svettare oltre l'ombelico, ne era certo.
«Uhm... è così che mi accogli, Dre?»
«Vuoi sul serio chiacchierare, tesoro?» gli rispose facendosi da parte e lasciandolo entrare. Chiuse la porta, lanciando un'occhiata alla strada deserta prima di voltarsi verso l'ospite, ma non ebbe neanche il tempo di aprire di nuovo bocca. Liam lo sbatté contro il muro e fu solo per puro caso che le birre non scivolarono dalla sua mano, andando allegramente a imbrattare il parquet. L'impatto col freddo dell'intonaco quasi lo rinvigorì, mentre le mani dello scrittore già vagavano oltre i boxer alla ricerca del suo uccello.
«Irruente...» lo apostrofò afferrandogli la testa mentre quello scendeva leccandogli il petto.
«Non sai da quanto desideravo rivederti» mormorò in risposta Liam, inginocchiandosi davanti alla sua erezione scura e pronta. Dre cercò di ignorare il campanello d'allarme che quelle parole avrebbero dovuto segnalargli, chiudendo invece gli occhi e abbandonando la testa all'indietro al primo guizzo di lingua sulla cappella.
«Uhm...» mugolò quando Liam glielo prese in bocca d'un colpo, leccando forsennato tutta la sua lunghezza come se fosse l'unica cosa in grado di dissetarlo. Non pensava, in quel momento, e non esisteva altro che la lingua umida e morbida sulle sue palle. Strinse la mano sui capelli dell'uomo, un po' più lunghi dell'ultima volta, e ansimò quando con entrambe le mani quello iniziò a massaggiargli lo scroto. Un pompino così era quello che ci voleva per dimenticare quella stronza intransigente.
«Vieni, andiamo sul divano» gli disse d'un tratto lo scrittore staccandosi dal suo uccello e rialzandosi «voglio fotterti fino a sentirti urlare» continuò prendendogli una mano e conducendolo davanti al camino spento. Il cazzo in tiro, e ancora fuori dai boxer, Dre si lasciò guidare, quindi appoggiò le lattine, di nuovo calde, su una mensola e rimase in attesa. «Io non urlo, tesoro, dovresti saperlo» lo canzonò alzando un sopracciglio. Vide Liam spogliarsi degli abiti seriosi che lo avvolgevano, poi avvicinarsi afferrandolo per il mento e infilargli la lingua in bocca. «Oggi lo farai» gli disse prima di baciarlo di nuovo. Dre giocò con quella punta guizzante, dolce dei suoi umori, per il tempo necessario a trovare con le dita il cazzo che pungolava il suo. Entrambi nudi, si strinsero in un abbraccio passionale, fatto di forza e desiderio, e l'eccitazione ben presto giunse al parossismo, tanto che Liam lo voltò bruscamente facendolo calare con le braccia sulla testiera del divano. Dre chiuse gli occhi, sentendo il dito bagnato di saliva frugarlo, allargandolo, e aprì la bocca nel momento in cui fu qualcosa di ben più possente a penetrarlo rudemente. Non ricordava Liam così animalesco, ma la cosa gli piacque oltremodo. Fece per portarsi una mano sull'uccello, ma lo scrittore lo bloccò per il polso, piegandosi poi sulla sua schiena per poter essere lui l'artefice del suo orgasmo. Il silenzio nella stanza, ora, era rotto solo dallo schioccare delle sue chiappe contro le cosce possenti di Liam, a ogni affondo, e dai loro respiri affannosi, sempre più corti. Il ringhio di Liam giunse dopo pochi secondi, basso e carico di un orgasmo che giudicò potente quanto quello che si approssimava a provare lui. E l'urlo ci fu, in effetti, proprio come lo scrittore gli aveva annunciato. Non un grido virile, quanto un sospiro stridulo che gli mozzò il fiato in gola, mentre la testa girava e i fiotti del suo piacere si riversavano nel palmo chiuso del compagno.
«Direi che come inizio non c'è male» sussurrò lasciandosi andare a un sorriso che, stranamente, interessò anche i suoi occhi.
Una birra. Ci voleva una birra.

giovedì 3 dicembre 2015

La doccia

Girò la chiave nella toppa ed entrò fischiando sonoramente.
«Billy?! Hai finito di ronfare come un orso?» gridò allegramente chiudendosi la porta alle spalle. L'odore penetrante del nuovo profumatore alla vaniglia lo investì subito, nauseandolo. Chi cazzo glielo aveva fatto fare di comprare quell'affare disgustoso? Non avrebbe dovuto "profumare l'ambiente in maniera delicata e davvero gradevole, signore, vedrà... mi ringrazierà!"?
«Un cazzo» borbottò sfilandosi la giacca «fa uno schifo immondo. Vaniglia... Che cazzo mi è saltato in mente? L'ho sempre odiata, io...»
Si voltò e appese il soprabito alla gruccia in ferro battuto appesa al muro, quindi si tolse le scarpe mantenendo l'equilibro con una mano saldamente ancorata alla credenza dell'ingresso.
«Palla di pelo? Dove sei, scroccone?» chiamò di nuovo voltandosi verso la sala. «Solo io ho un cane che non gliene fotte un cazzo del padrone. "Carino, mi fa sempre le feste quando torno"» parafrasò in falsetto camminando verso la cucina «e io invece ho un sacco di pulci sociopatico. Ehi» disse fermandosi davanti alla cesta enorme quanto il suo cane, sotto le scale «ce l'ho con te. Almeno potresti degnarti di alzare la testa» continuò piegandosi sulle ginocchia. Billy aprì un occhio, mugolando appena, quindi si alzò sulle zampe, si scrollò energicamente in un trionfo di peli bianchi, poi sbadigliò pigramente.
«Ecco, sì, mi raccomando: manda quei cazzo di peli ovunque» lo apostrofò protraendo una mano per accarezzarlo «che poi c'è la serva, qui, che pulisce tutto... Cristo, che palle» aggiunse dandosi del coglione. Sua madre gli aveva fatto una testa così, quando era piccolo, sui commenti sessisti, ma a lui non entrava proprio in testa quell'argomento. Non lo faceva per cattiveria, era istintivo.
«Ma guarda tu se devo farmi tutte queste seghe mentali per una stronzata del genere» mormorò continuando ad accarezzare bonariamente il suo compagno con un sorriso mesto sulle labbra. Era stato un vero dramma trasportare Billy da Alberta a Melbourne, ma neanche i suoi occhioni tristi avevano potuto niente sulla decisione di andarsene via da quella casa. Tutto, lì, urlava dolore.
Si leccò le labbra, allargando le narici, e inspirò a pieni polmoni con lo sguardo perso nel vuoto. Avrebbe dovuto chiamare Rachel, ma il solo pensiero gli provocava un'ulcera perforante che desiderava evitare con tutte le sue forze. Sua sorella era tanto cara, ma una stronza...
«Avanti» si riscosse dando un'ultima pacca sul groppone di Billy «accendo il camino, mi faccio una doccia e poi mangiamo» concluse alzandosi e portando le mani ai fianchi. «Che dici, stasera bistecca per me e solita scatoletta per te? O vuoi quel pappone schifoso che puzza a tre chilometri di distanza?» chiese al cane osservandolo. Era talmente abituato a trattarlo come un suo pari che non si poneva il problema di sembrare uno stupido. E comunque non era stupido: quel pastore, ormai, era la sua famiglia.


«Ed ecco una nuova puntata dei dialoghi interiori di Dre Walker, signore e signori» proclamò cominciando ad armeggiare con la legna «ma questa volta dovete pagare il biglietto. Oh sì» continuò soffiando sulla scintilla appena avviata «perché mi sono rotto il cazzo di farvi da giullare, o sadico pubblico.» Osservò per un momento il fuoco crepitare nella nicchia di pietra, quindi si slacciò i primi bottoni della camicia e si incamminò verso il bagno. Fece scrosciare l'acqua, saggiandone il calore, via via più intenso, con una mano, quindi si spogliò e osservò il suo profilo davanti allo specchio. Come sempre una gioia per gli occhi.
«Quando ci vuole, ci vuole: sono un figo e me lo dico da solo... Ti credo che gli uomini fanno a gara per scoparmi» disse al proprio riflesso guardandosi su entrambi i lati. Schioccò le labbra e sorrise al suo doppio prima di entrare nella cabina doccia. Chiuse gli occhi appena il lento fluire dell'acqua lo avvolse, quindi inclinò il capo all'indietro e lasciò lo stress scivolare lungo il canale di scolo. Senza neanche averne percezione, portò una mano sul petto, accarezzando piano la pelle tesa, poi scese lungo l'addome fino ad arrivare al membro floscio. Non ci aveva pensato neanche per un attimo, prima di entrare lì dentro, ma ormai c'era... perché non approfittarne? Cominciò a massaggiarsi l'uccello, scegliendo con cura la situazione favorevole tra le innumerevoli fantasie a disposizione. Aveva trombato con così tanti uomini da avere l'imbarazzo della scelta. Mentre il sangue iniziava a fluire nelle vene in tensione, si leccò le labbra lasciandosi andare a un paio di occhi verdi che lo avevano catturato qualche mese prima. E con il cui proprietario aveva scopato alla grande per due ore. Era alto, fisico asciutto, occhi contornati da ciglia nere e folte, tanto che sembrava avesse messo il kajal - e forse era anche così, conoscendo alcuni tipi - capello riccio e moro, conturbante, e labbra da succhiacazzi conclamato. L'uccello iniziò a indurirsi, nella sua mano destra, mentre l'altra giaceva abbandonata lungo i fianchi. Quelle cazzate sul tenere occupato tutto ciò che si aveva a disposizione lo indispettivano. Per una sega erano sufficienti le dita di una mano sola, tutt'al più il palmo, ma l'altra? Cazzo, se stava ferma non succedeva proprio niente. Dischiuse la bocca, lasciando che l'acqua vi scivolasse dentro, accarezzando la lingua e lambendo i denti, mentre l'uomo dagli occhi verdi prendeva posto davanti al suo bacino in attesa che lo riempisse. E lo fece, giocando di polso in maniera un po' più accentuata, penetrandogli quelle labbra carnose e magnifiche e osservandolo succhiare a occhi chiusi tutta la sua lunghezza. Non si era mai potuto lamentare delle sue dimensioni, anche se non erano da record... ma in fondo a che serviva? A niente, appunto.
Gemette, aumentando la velocità e raggiungendo una dimensione parallela di piacere paradisiaco.
«Uhm» mormorò mentre lo sconosciuto leccava la cappella guizzando la lingua da una parte all'altra. Lo stava gustando come piaceva a lui, come avrebbe sempre voluto avvenisse, come...
Venne portandosi un pugno alla bocca, soffocando un rantolo spontaneo, quindi aprì gli occhi sorretto dall'ondata di adrenalina che lo aveva appena investito. Puntini neri e bianchi galleggiavano a mezz'aria ovunque volgesse lo sguardo, e si impose di respirare regolarmente, riportando anche i battiti cardiaci a più miti consigli. Niente di meglio di un cazzo di orgasmo in solitaria... A volte era meglio quello che una scopata in coppia. Si pulì sotto il getto d'acqua, insaponandosi con cura e risciacquando il corpo come un perfetto maggiordomo alle prese con un pavimento incrostato, quindi chiuse il rubinetto e uscì dalla cabina giusto in tempo per sentire Billy grattare alla porta in cerca di cibo.
«Che coglioni...» sospirò «Arrivo, mangiaufo a tradimento!» urlò al silenzio del bagno, quindi si tuffò nell'accappatoio, si immerse nella colonia e si vestì, pronto per una serata pigra e serena.