venerdì 8 gennaio 2016

Avventura dopo il Natale

Si preparò per uscire di casa con estrema cura, quella sera. Era tornato da casa di Rachel spossato e per nulla contento di ciò che era stato il suo Natale. Non perché non fosse stato tutto sommato bene, quanto perché il dolore della perdita si faceva più intenso se in compagnia di lei, capace di ricordargli entrambi i genitori con un solo battito di ciglia. Era stato straziante rivederla dopo quasi un anno ed era stato altrettanto penoso andare via, dire arrivederci ai bambini e a suo cognato, stringere in un abbraccio la gracile figura di lei ancorata a terra solo con la forza di un affetto fraterno difficile da estirpare. Nonostante la stronzaggine che Dre impiegasse in ogni dialogo affinché mollasse la presa, affinché lo lasciasse respirare senza il fantasma di una famiglia perduta.
Ma quella sera non era adatta a rivangare il passato o la tristezza del presente.
Quella sera era semplicemente sua e di chi avrebbe voluto condividere la sua stessa sete di libertà con lui. Aprì l'armadio, scelse un paio di pantaloni dal taglio informale e una maglia a maniche corte capace di fasciare il suo fisico risaltandone i punti migliori, quindi umettò i capelli con degli schizzi d'acqua e sorrise al suo riflesso della toilette. Cazzo, quanto era figo! D'altronde la fortuna di trascorrere gennaio a Melobourne era senza eguali: vestiti leggeri e lieve brezza sul volto. L'estate australiana era l'inverno del resto del mondo... sublime!
«Surreale anche, eh, Billy?» commentò i suoi pensieri voltandosi verso il suo pastore sonnacchioso. Quell'ammasso di peli non faceva che dormire! Schioccò le labbra, mandandolo idealmente al diavolo, e uscì dalla porta sul retro salutando Jack che proprio in quel momento usciva per la sua passeggiatina serale. Claudicante come sempre e con quella tuba alla Zio Sam che lo faceva sempre sorridere.
«Ehi, Jack, come butta?» lo apostrofò incamminandosi oltre il giardino con le chiavi che facevano la spola tra una mano e l'altra.
«Ehi, ragazzo! Tutto bene, tutto bene. Tranne quella filippina del cazzo che tenta di avvelenarmi ogni giorno con la sua cucina di merda, tutto bene» rispose il vecchio, proseguendo sul marciapiede,  traballante sul suo bastone. Reduce di guerra, quello strambo esserino gracile e dinoccolato era una sagoma, ma povera la colf che gli capitava sotto mano! Ne cambiava almeno una ogni due mesi e Dre non ricordava più il record dell'ultima.
«Non ci credo che è così cattiva» commentò con un sorriso sulle labbra mentre scuoteva la testa, divertito. Dopo pochi altri convenevoli, salutò il vecchio soldato e si fermò alla fermata dell'autobus. Non aveva la macchina e a ben guardare non era una gran perdita. Meno stress, meno soldi da sperperare e tutta la gente del mondo da conoscere. Alzò un sopracciglio, sorridendo dei suoi pensieri, narciso, poi protese la mano per fermare il mezzo.
Prese posto a tre file dalla fine, guardandosi attorno. Notò subito il moretto seduto a pochi passi dall'autista, lo sguardo perso nel vuoto del buio esterno, vestito in maniera casual, ma ordinata, e lunghi capelli spioventi davanti agli occhi dall'aria vagamente ribelle. Dre non era tipo di eccitarsi al solo guardare un bel ragazzo, ma dovette ammettere che c'era qualcosa in quel tizio che lo intrigava. Ci pensò su un momento, si grattò distrattamente il labbro superiore, si guardò di nuovo attorno senza realmente osservare nessuno, poi si alzò e si incamminò ondeggiando verso la meta.


«Scusa... Io... credo di conoscerti» iniziò catturando l'attenzione del moretto che a quelle parole sollevò sorpreso lo sguardo.
«Scusa? Dici a me?» chiese come se si fosse appena svegliato, il tono di voce tanto roco da insinuarsi sotto la pelle e arrivare dritto dritto al suo uccello. Cazzo, che tipo!
«Sì... Malcolm, giusto?» tentò sfoderando il suo sorriso migliore, quello con cui sapeva di far breccia, lo stesso che gli aveva procurato appuntamenti davvero niente male. Lo tirava fuori dal repertorio solo quando la situazione lo richiedeva. E quella meritava più di tante altre, davvero.
«No» rispose secco l'altro continuando a osservarlo, i capelli davanti a delle iridi assolutamente mozzafiato. Cobalto... Cazzo, aveva detto di no!
«No che non ti chiami Malcolm o no che non ci conosciamo?» insistette. E sarebbe stata la sua ultima chance, dopodiché sarebbe tornato sui suoi passi, lo avrebbe mandato a cagare e magari si sarebbe fatto una sega ripensando a quegli occhi. Forse il giorno seguente. Non aveva tutto quel tempo da perdere. Sì, ogni conquista andava coccolata, ma c'erano da considerare tanti altri fattori e il rifiuto non era un particolare irrilevante.
«Non mi chiamo Malcom... Anche se credo di averti già visto da qualche parte» commentò senza togliergli gli occhi di dosso l'altro. In effetti quel tipo cominciava a incuriosirlo non poco. Strano. Differente. Terribilmente eccitante.
«E dove?» indagò rimanendo in piedi mentre l'autobus lo sballottava un po' di qua e un po' di là. Dre si tenne con una mano all'asta di ferro sulla sua testa, sicuro di mettere in mostra i bicipiti torniti di cui andava fiero. Come tutto il resto. E che cazzo: era figo, non poteva certo far finta che non fosse così!
«In giro» rispose laconico l'altro. Ok, figo, ma... cazzo, su!
«E... quindi hai detto che ti chiami?»
«Non l'ho detto» continuò con lo stesso tono l'altro. O porca troia, quant'era difficile! Un pompino, santiddio, un pompino chiedeva, certo non la mano e il regno!
«Ok, amico, non c'è problema. Ci si vede» tagliò corto infastidito. Fece per voltarsi, ma il moretto lo afferrò per la mano, bloccandolo e inducendolo a voltarsi.
«Mi chiamo Fred e hai resistito molto più di altri. Di solito la gente se ne va al mio primo no» lo derise allargando le labbra su due file di denti perfetti. E fu un attimo. Dre avvertì il bollore della sua eccitazione salire al livello, correre oltre e gorgogliare spumeggiante nei pantaloni stretti. Si morse il labbro, davanti a quegli occhi, e la smorfia sbarazzina che gli lanciò l'altro gli tolse ogni dubbio.
«Forse andiamo dalla stessa parte...» riprese Fred accarezzandogli il polso con le dita calde. Dre osservò quel gesto, poi tornò con l'attenzione sul volto pulito del moretto ed estrasse la lingua per riprendere a mordersi le labbra.
«Forse sì.»
«Phillis Cafè?»
«Andata.»
Quando Fred si alzò, sovrastandolo di qualche centimetro, l'autobus fece una brusca frenata gettandoli uno tra le braccia dell'altro. E fu allora che che entrarono in collisione e che Dre avvertì un cazzo davvero duro contro il bacino.
«Ti scopo fino a farti urlare» si sentì alitare nell'orecchio prima che la lingua prendesse il posto delle parole e gli lambisse il lobo.
Dre si impose di respirare per non succhiarglielo lì davanti a tutti, quindi si allontanò di un passo, lo osservò e sorrise.
«Non aspettavo altro» commentò soddisfatto.

3 commenti:

  1. Rimorchia sempre! E fighi della malora, pure.

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  3. Diciamo che si definisce la zoccola dell'Oberjack (localino niente male fuori mano :v )

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