Al buio dell’abitacolo, le luci dei fari che intervallavano
l’oscurità, si portò una nocca alle labbra, osservando la strada sdrucciolevole
fuori dal finestrino. Il tassista era stato clemente, scegliendo di non
sostenere alcuna conversazione priva di senso. Non era un gran chiacchierone,
almeno finché non entrava in pista. Ma lì erano solo i corpi a doversi
esprimere, non certo le menti. Che di brillanti non sempre se ne trovavano,
oltretutto.
La pioggia cadeva fitta, quella sera, ma a lui non importava sul
serio, non quanto aveva dato a intendere a Jack prima di uscire. Billy, che
adorava il vicino, non aveva fatto altro che guaire guardandolo passeggiare
oltre la siepe e l’attenzione del vecchio non era stata così difficile da
catturare. Quell’ammasso di pulci adorava lo strambo soldato claudicante che abitava poco distante da loro e
Dre proprio non capiva come mai e quando, soprattutto, fosse nato l’amore
viscerale che li legava. Si mordicchiò la pelle morbida del dito, ascoltando
distrattamente una canzone jazz in filodiffusione tramite le casse posteriori.
Cristo, odiava il jazz! A dire il vero odiava anche i taxi, ma non aveva potuto
fare a meno di chiamarne uno, quando aveva appurato che l’acquazzone non
sarebbe cessato a breve. Vestito di nero, dai pantaloni regular fit alla maglia
in cotone stretch, aveva tagliato i capelli ancora più corti di come li portava
di solito, complice il caldo asfissiante che aveva iniziato ad alitargli sul
collo con troppa energia; rovinare la sua mise per un po’ d’acqua gli avrebbe
mandato il sangue al cervello, invece del punto in cui ne aveva bisogno per
divertirsi. Era sabato sera e non poteva permettersi di perdere un fine
settimana per via della pioggia. Seppure quel clima gli stesse comodo come un
paio di pantofole in pieno inverno. Eppure non era sempre stato così, c’era stato un
tempo in cui aveva adorato la neve, odiando l'acqua dal cielo, ma ormai…
«Arrivati a destinazione. Sono trenta dollari» proruppe
l’autista distraendolo. Cristo, trenta bigliettoni per quindici minuti in
macchina era un furto! Con il treno avrebbe speso meno della metà…
«Tenga» e scordati il fottuto resto, col cazzo che te lo
lascio. Quello sarebbe stato il sottotitolo, se la voce di sua madre non fosse
intervenuta prontamente a mettere un freno a quella testa calda che si
ritrovava sulle spalle.
«Calma, Dre, non fare il solito cazzone
intransigente e burbero…»
Trenta dollari… Da non crederci! Dre scese dall’auto
scuotendo la testa, contento soltanto di sbattere la portiera in faccia a
quella musica di merda che ancora gli fischiava nelle orecchie. Si leccò i
denti, alzando lo sguardo, mentre la pioggia riprendeva a chiamarlo, sollecita,
ricordandogli il perché di quei fottutissimi dollari ormai al semaforo assieme
al loro nuovo proprietario.
«Cazzo» sbraitò correndo verso l’entrata dell’Oberjack.
Appena giunto sulla soglia, lanciò un’occhiata a Phil che lo lasciò passare
senza neanche prestargli attenzione, troppo preso a limitare la folla accalcata
contro il suo stomaco prominente. Erano finiti i tempi in cui era stato
costretto alla stessa trafila, durata in ogni caso meno di quanto avrebbe
scandito i sabato sera dei nuovi frocetti in trasferta dal Quince. Le vacanze
al caldo col culo ancora gelido dell’inverno americano… Sorrise, suo malgrado,
ripensando al freddo nelle vene che si era portato in valigia quando con Rachel
era emigrato a Melbourne, poi si guardò intorno ben deciso a non incupirsi.
Le
luci psichedeliche avevano già iniziato a roteare sul soffitto, mentre la
musica prendeva il sopravvento addirittura sui pensieri. Meglio, non avrebbe
dovuto riflettere. Era tardi, sicuramente, e il traffico che avevano incontrato
sulla strada non aveva giovato a rendere il viaggio più veloce. Trenta dollari…
Inspirò l’aria satura di testosterone e allargò i polmoni mentre con la lingua
si leccava le labbra per nulla secche, ma pronte. Pronte e frementi. Il sabato
sera era per lui una liberazione: il completo stordimento dopo una settimana di
finzione. Si inoltrò nella pista, insinuandosi tra i corpi in movimento,
dondolando sulle gambe, a tempo con i bassi, strizzando le chiappe di questo o
quello. Prese lentamente confidenza con le onde sonore, facendosi aderire
addosso la voce del vocalist, gli odori acri, il divertimento e la promiscuità
che era parte di lui. Lui era quel dannato posto e quel dannato posto era il
suo specchio.
Sam Sparro prese a martellare nelle case, strisciando sotto pelle
con quel tono maschio capace di indurirgli le palle e confondergli i pensieri. E
chiuse gli occhi, alzando le braccia e trascinandosi in una danza fatta di
corpi e dita. D’un tratto avvertì una lingua tra le labbra e, senza vedere
neanche di chi fosse, tirò fuori la sua in un gioco di crescente eccitazione. Poi
una mano, calda, vigorosa, gli strinse l’uccello con così tanta forza che
aprire gli occhi fu istintivo e automatico. La lingua ancora intenta a stoccare
promesse di sesso, osservò gli occhi aperti di quell’energumeno in camicia
bianca, e l’uccello gli si fece ancora più duro, marmo nei pantaloni ormai
troppo stretti. Capelli corti e neri, occhi chiari, di colore indefinito, collo taurino e fisico possente... Fattibile.
Il crescendo della musica assecondò quella che in breve divenne
una sega al di sopra della stoffa, finché Dre, incontenibile, ringhiò mordendo
le labbra dello sconosciuto, afferrandogli il culo con una mano e spingendosi
quello che sperava essere un cazzo enorme contro il bacino. Prese a ondeggiare,
strofinandosi contro la coscia dello sconosciuto che non faceva altro che
infilargli la lingua nel timpano, scendendo sul collo, succhiandogli avido il
pomo d’adamo e risalendo lungo il mento.
«Te lo succhio» gli disse a un tratto nell’orecchio, la
canzone alle ultime battute su un cazzo ormai gonfio. Senza dire una parola,
Dre lo prese per mano e, sgomitando per aprirsi un varco in quell’intrico di
corpi e lingue, si incamminò verso i bagni. Non ebbe neanche il tempo di
rendersi conto di esservi entrato perché, l’uccello già fuori dalle mutande, la
lingua dell’uomo gli si avviluppò intorno alla cappella restituendogli una
scarica di adrenalina che si irradiò per tutto il corpo, persino nelle dita.
Prendere per i capelli quel tipo facendolo affondare tra i suoi peli, spingendogli
in gola la sua erezione fino a sentirlo mugolare d’approvazione, fu il minimo
che riuscì a fare prima di venirgli in bocca con un rantolo sommesso.
Ansimante, la musica della pista talmente potente da battere contro la porta
chiusa, Dre guardò il soffitto, sorridendo. Era solo l’inizio ed era cominciato
col botto.
Sesso in bagno con uno sconosciuto, un classico che non passa mai di moda!
RispondiEliminaNo :D Poi all'Oberjack... si fanno degli incontri niente male!
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