Il Fabbro. Un pazzo scatenato che con
le sue frasette in latino lo sta facendo diventar matto. Vuole
innalzarsi a qualcosa che non è, a qualcosa che si crede, ma che non
riesce a raggiungere perché psicopatico. Ecco cosa pensa il
maresciallo Pasquale mentre prende visione dell'ennesima vittima.
Vittima, creatura, in qualsiasi si voglia chiamare quello scempio
lasciato dal pazzoide di Locride. Che poi ha avuto il coraggio di
telefonare durante la trasmissione di “Dove sei?” seminando il
panico ovunque. Possibile che la sua terra natia abbia potuto
partorire un personaggio simile? Convinto di essere nel giusto, di
essere al di sopra delle parti e tronfio come il padreterno. Assurdo.
Inoltre, a tutto, ci si aggiunge anche la voglia di mistero degli
specialisti, neanche ci si trovasse nel mezzo di un thriller di
Follet, dannazione! La realtà, lo sa bene il maresciallo, riesce a
valicare i confini della fantasia in maniera talmente netta e
insospettata da inquietare più di un romanzo di King.
Torna Anton Francesco Milicia, questa
volta con il suo primo romanzo, di ampio respiro e dalle tinte forti,
quasi accecanti. Se 5 morsi di morte aveva convinto, entusiasmando e
lasciando una sorta di amaro in bocca per la brevità, Contrada
sazia, disseta e rinnova nuovo languore di lettura. Un thriller in
piena regola, l'opera dello scrittore calabrese, in terra del
profondo sud il cui calore trasuda da ogni parola, ogni singoli punto
o virgola. Partendo dal pensiero freddo, lucido e razionale
dell'assassino, questa volta Anton Francesco getta il lettore in
pasto alla pazzia, quella vera, quella che compie efferatezze scaltre
e volute, senza ombre di rimorsi, eredità di un mondo proiettato a
velocità inusitata verso il futuro e il progresso. Un futuro che
inghiotte il passato senza pietà, che dimentica passioni perdute,
amori infranti, morti devastanti e improvvise. Indagando il dolore,
quello reale, capace di modificare l'ego di un individuo al punto di
condurlo a un nuovo livello di consapevolezza, la pazzia appunto,
Milicia intreccia le giornate di un maresciallo stressato, pur sempre
ottimista, da un caso più grande di tanti altri passati. Come
diamine si può pensare di ridurre un proprio simile a pasta
modellabile per dar vita alle proprie frustrazioni e macabre
fantasie? Eppure la mafia lo ha sempre fatto, per proprio tornaconto,
nonostante lo faccia con il bene placido di uno stato silente, troppo
spesso inerte davanti a tali nefandezze. Condannando duramente la
'ndrangheta e tutto ciò che ruota attorno ad essa, Milicia conduce
per mano il lettore nelle strade della sua città, quasi facesse da
cicerone in uno strano e devastante tour di crudeltà e sudore. Il
sangue, che scorre quasi si trattasse di rivoli cristallini di acqua
fluviale, delinea i contorni abbozzati di uno stile di vita
sconosciuto ai più, più consono e familiare a chi in quelle terre
ci vive ed è in grado, quindi, di descriverne gli effetti e le
cause. Mediante dialoghi ben scritti, mai banali, colloquiali il
tanto che basta a rendere i personaggi credibili e quasi conoscenti
di vecchia data, l'autore esalta il suo amore per la propria terra,
sì preda di cattiverie, come del resto ce ne sono ovunque, ma
talmente bella da rimanere nel cuore anche di chi “osserva” il
quadro di Milicia. Le pennellate, dai grumi di colore intensi che
dona Anton Francesco alla tela che è il suo Contrada, riescono a far
filtrare la luce degli eventi senza ombre, crescendo di profondità e
spessore man mano che il suo thriller prende corpo e guadagna terreno
nella mente del lettore. L'assassino, lucido, pazzo ma razionale,
diviene quasi capro espiatorio di una società troppo concentrata
nella fretta di vivere, dimentica della bellezza di un'amore vissuto,
dell'intensità di un affetto paterno perduto troppo presto. Ma la
denuncia di Milicia va oltre. La perdita di una cultura che sente il
bisogno di mettere in evidenza tramite le frasi inquietanti
dell'assassino, per l'autore, sembra un dettaglio da non trascurare e
da portare alla luce tramite i segnali di pazzia, quasi se lo
studioso moderno sia una sorta di psicolabile da temere e
allontanare. E non è forse così, d'altronde? Tra i provini del
grande fratello e i programmi insulsi trasmessi dalle reti televisive
che tentano di annegare la psiche umana nelle quisquilie di poca
importanza colpevoli, però, di porre in evidenza tutta l'ignoranza
di cui la gioventù odierna sembra cibarsi, l'essere colto sconcerta
e inquieta, contrariamente a ciò che dovrebbe essere.
Magistrali, anche se un poco dispersive
a volte, le descrizioni accurate dei luoghi in cui si svolgono i
fatti narrati, denotando ancora una volta il profondo legame che
l'autore possiede con la sua terra, particolare che si riscontra
molto spesso negli autori provenienti da piccoli paesi dove ancora si
respira un senso di appartenenza estraneo ai nativi delle grandi
città, inglobati in un'immensa giostra barocca di vizi inutili.
Preludio a Morsi di Morte, Contrada è
la storia di una società ancor prima dell'assassino e della sua
caccia; antitesi alla mostruosità narrata nel breve racconto edito
su amazon, il romanzo di Milicia avvince, diverte ed entusiasma,
quasi fosse, in fondo, l'autoritratto dell'autore stesso che, posso
assicurare, è una gran persona ancor prima di essere un grande
scrittore, per nulla improvvisato nonostante l'esordio.
Vivamente consigliato, Contrada delle
Case Vecchie attende di emergere dal buio...
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