Freya è bella, giovane, dal volto
delicato e quasi angelico. Perfetta per essere data in moglie a
qualche guerriero sovrano del regno. Sua madre è troppo astuta e
troppo lungimirante per i propri interessi per non approfittare di
quella fortuna sfacciata. Non le importa dell'affetto della giovane
per la sua terra, per i suoi amici, per suo fratello. Non le
interessa nulla di quella splendida ragazza, se non il sapere se sia
illibata o meno. L'unica sua preoccupazione, infatti, si riduce a
quel particolare che la ragazza custodisce gelosamente nel suo corpo.
Pudica, ma obbediente, si lascia controllare e maritare, cominciando
a coltivare un odio che ben presto la porterà a intraprendere strade
discutibili e scelte ardite. Perché il suo essere trattata alla
stregua di un uccellino in gabbia non si confà al suo spirito
ribelle e indipendente. Ma nel periodo che vedrà la ragazza
sbocciare e diventare sempre più bella e suadente ci sarà suo
marito. L'uomo che lei non vuole, che ripudia con tutta se stessa.
L'uomo che, nonostante tutto, riesce a farle palpitare il cuore senza
che neanche se ne renda conto.
Jessica Ravera si inerpica lungo le vie
tortuose di questo romance storico, per nulla banale e ben costruito,
con la semplicità che tanto viene apprezzata nei romanzi noti alle
fruitrici degli Harmony. La situazione storica è dettagliata, tanto
che vien quasi voglia di fare un tuffo nei libri di scuola alla
ricerca delle terre e della loro tumultuosa storia bellica, e i
personaggi ben caratterizzati. Fin dal principio si mescolano
emozioni contrastanti nel cuore del lettore, alle prese con i ricordi
scottanti di Freya e delle costrizioni di cui è stata fatta oggetto.
Si avverte chiara una forte ostilità verso la figura femminile, come
se l'autrice volesse denunciare con mano e voce ferma il
comportamento vile e viscido delle matriarche dell'epoca. Molto
spesso, infatti, erano loro a prendere le decisioni più importanti,
specialmente nei riguardi della prole femminile, buona per acquisire
prestigio e nulla altro. L'uomo, tranne pochi casi, invece ha un
ruolo decisamente positivo. Non solo Feran è bellissimo e saggio, in
una maniera quasi sovrannaturale, ma anche il padre di Freya viene
descritto come buono d'animo e gioviale di carattere. Nell'età della
fanciullezza, poi, anche suo fratello e il suo migliore amico, di cui
la ragazza è innamorata, conservano un'aura di grande positività.
Tale aspetto verrà perduto col tempo, quasi come se l'autrice
desiderasse trasmettere il concetto che la maturità e la conoscenza
del male siano in grado di corrompere gli animi più nobili, forse
avvezzi per naturale patrimonio genetico a essere inclini alla
malvagità e alla pazzia. Freya è l'unico personaggio, in tutta
questa storia, in grado di maturare e che ha la possibilità di farlo
senza troppe conseguenze. È una donna che ha sofferto, strappata
alla sua terra natìa e costretta ad amare un uomo che vede per la
prima volta il giorno delle sue nozze. Fortuna vuole che, al suo
cospetto, non compaia il perfido re Maven, bensì un uomo di rigore,
di grande saggezza e pazienza, che sa padroneggiare le armi con
cognizione di causa, senza lasciare che siano i sentimenti a
governare il suo braccio saldo. Questo è l'aspetto che le lettrici
di romanzi rosa amano e che, in fondo, ricercano in ogni storia che
leggono. Jessica centra il punto e lo fa in maniera accattivante, ma
anche dolce, avendo la premura e la caparbietà di perfezionare un
racconto passato e pubblicato con una casa editrice che ha purtroppo cessato le sue attività. Un
romanzo breve per sognare che, sicuramente, crescerà di giorno in
giorno nel cuore dell'autrice, la quale si dimostra perfettamente in
grado di far rivivere le personalità dei personaggi de La Sposa del
Guerriero in storie future, magari ancora più grandiose. Facendo
sognare ancora.
Nessun commento:
Posta un commento