venerdì 3 ottobre 2014

Lungo la via del pensiero di Andrea Franco

Lungo la via del pensiero: 4 (Serial Killer)
Una puttana. Abbordare una puttana è la scelta più semplice per un serial killer. In fondo, a chi importa di una puttana straniera? A nessuno! Ed è per questo motivo che Gianfranco Stavanin se ne va in giro per le strade, le sceglie e le porta a casa. Per scattare foto. Per fare filmati. Per avere quel sesso che ha conosciuto per caso e che lo pungola in maniera perversa. Per provare a sua madre che finalmente ha trovato la donna giusta.
La verità è che non sono solo puttane, le donne che cerca, e lo sa lui come lo saprebbe sua madre se non fosse morta. Sono tentativi. Ogni ragazzo porta a casa la propria fidanzata, sperando nell'approvazione e nell'accettazione della propria scelta. Ogni ragazzo cerca la conferma, nei suoi genitori, di aver fatto bene, di aver agito secondo coscienza e maturità. E Gianfranco è questo che ricerca in ognuna della sue “conquiste”. La tanto agognata approvazione di sua madre. Un'approvazione che, a quanto sembra dal numero di vittime crescente, non arriva mai. Ciò che pensa suo padre è secondario, perché in fondo non è lui quello che ha decretato un futuro perverso e ricco di insoddisfazioni e scatti d'ira nel suo animo. Gianfranco non cerca uomini su cui riversare la sete d'amore e accettazione di cui si sente colmo. Gianfranco cerca Maria Amelia, Donatella, sua madre...
Non è semplice entrare nella mente di un individuo squilibrato, preda dei suoi istinti più nascosti contrapposti a un'adolescenza ormonale ancora in pieno svolgimento nonostante l'età adulta. Non è semplice, eppure Andrea Franco ci riesce. E bene, aggiungo. In un romanzo si impiegano capitoli e capitoli per rendere la struttura della trama omogenea alla personalità del protagonista, mentre Franco riesce in poche righe a fornire qualsivoglia elemento per intuire e comprendere intrecci e passati. Mediante flash back ben cadenzati, seguendo un ritmo incalzante proprio del thriller, Andrea racconta e mostra quanto la mente dello Stevanin fosse immersa in un universo parallelo alla società che lo attorniava all'epoca dei fatti. E la cosa affascinante è che l'autore riesce ad accompagnare il lettore nei sentieri della storia quasi lo prendesse per mano addentrandosi in una casa degli orrori da luna park anni Novanta. Sembra, in effetti, di scorgere l'omicida mentre accosta l'auto al marciapiede, parlando con Gabriella e mostrando alla donna il lato innocente e quasi scialbo che lo contraddistingue agli occhi dei passanti. Persino quando viene fermato dalla polizia sembra di sudare con i poliziotti, in attesa del controllo di routine circa i suoi trascorsi e si impallidisce di stupore proprio come i due agenti nell'apprendere gli insospettabili reati di cui Gianfranco è colpevole. Interessante l'introspezione del personaggio secondo il quale si evince l'odio verso la figura oppressiva della madre e, nel contempo, la continua ricerca di approvazione quasi come se la morte di quest'ultima abbia posto fine alla possibilità di redenzione condannando lo Stevanin a una continua ricerca insoluta dell'essere accettato con le sue debolezze e i suoi difetti. Forse, alla fine, non si gioisce neanche tanto al pensiero che l'omicida sia stato catturato. Forse, alla fine, si prova compassione per un ragazzo oppresso le cui decisioni future sono state scelte dalla cattiva condotta genitoriale. Forse, alla fine, di prova pena per uno psicopatico reso tale dagli eventi. Però, proprio alla fine, forse si tira anche un sospiro di sollievo a saperlo in un luogo dove non potrà più nuocere a nessuno.
Il linguaggio utilizzato è diretto, senza parole arzigogolate per provare chissà quale bravura: il talento di Andrea Franco non ha bisogno di artefici di alcun genere, dato che riesce a emergere in maniera tanto lampante persino da un racconto lungo.

La Delos conferma la ricercatezza nello scovare autori validi e colmi di talento e io ho trovato un nuovo scrittore da seguire. E da consigliare!

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