Come iniziare una recensione di un
libro imparagonabile a nulla di quanto letto fino a ora? Come
risultare originale lì dove l'autrice ha già compiuto il miracolo
tra le pagine della sua opera? Cosa dire di differente dall'emozione
che può scaturire dalla lettura di Di Morte e D'Ambra senza
risultare prolissa, inutile, inferiore e incapace di rendere la
meraviglia tramite un semplice commento volto a incuriosire voi
tutti? Dopo tre volte che inizio e cancello, proverò a incedere
lentamente, a differenza della veemenza con cui Ashara Amati
catapulta il lettura nel regno di Etra, nei suoi incubi, nel suo
timore del fato. Chi non ha conosciuto il mito di Teseo, di Arianna e
del Minotauro? Seppur vagamente, visioni di uomini dalla testa di
toro, donne dalla chioma fatta di serpenti si intersecano,
sovrappongono, restituendo alla mente una visione distorta della
storia, quasi si trattasse di un caleidoscopio che da bimbi ci si
divertiva a osservare cercando forme sempre nuove. E i miti greci
sono un po' così, per chi come me li ha studiati parecchi anni fa.
Si ricorda l'incanto delle gesta, l'idea di taluni personaggi, il
coraggio ostentato nei caratteri degli eroi. Eppure si coglieva, già
allora, una nota stonata. Come se l'eroe non fosse poi così forte e
gagliardo, come se i deboli mascherati da mostri sempre deboli
fossero. Restituendo una parvenza di realtà alle immagini
mitologiche e magiche, proprie di un'epoca che stentiamo a
riconoscere come realmente apparsa nel mondo conosciuto, Ashara si
inerpica nell'intricato profilo del sentiero che conduce tra Creta e
Atene, cantando con infinita delicatezza e inaspettato ardore una
visione del mito come pochi sarebbero capaci di evocare senza scadere
nello scontato. Di Morte e D'Ambra parte in sordina, da molto
lontano, dagli albori di una storia che è forse la più bella di
tutta la mitologia greca. Vengono presentati uno a uno i vari
personaggi del fitto gioco delle Parche, la loro psicologia, le loro
gesta meritevoli di attenzione perché vive e pulsanti nel quadro
generale che farà da scenario al dramma dell'unica eroina di tutta
l'opera, ovvero Arianna. Pur essendo Teseo e il Minotauro coloro che,
negli anni, sono emersi per rimanere impressi nella memoria, è
Arianna la vera protagonista del romanzo di Ashara. E rimane tale,
pur essendo bastarda, pur essendo quella che verrebbe definita
“attrice non protagonista”. Come nella vita reale, l'erotismo è
il filo conduttore delle passioni e degli ardori che muovono i
personaggi e i loro istinti. Sconvolgente, a tratti anche irriverente
per crudeltà e assoluta ruvidezza, l'autrice tesse una visione lungi
dall'essere edulcorata della vita greca, delle abitudini, degli usi e
costumi dell'epoca, condannando taluni fermamente, senza il minimo
ripensamento, e osannando altri. E la correlazione con la condanna
del pregiudizio nell'epoca moderna è chiara e lapalissiana. Ashara
si scaglia contro la visione maschilistica e bigotta di Teseo,
schierandosi apertamente con la bellezza della libertà ostentata nel
mondo cretese dove la donna era considerata molto più che ora nella
società. Non solo oggetto sessuale la figura femminile, quindi,
bensì colei che detiene il potere della procreazione, della
sensualità, della femminilità. Forte e capace di prendere in mano
il destino di un intero popolo (vedi Acalla e la sua discendenza al
trono) la donna era il simbolo della Madre e non a caso ne conservava
il fulcro del piacere, quello che poi determinerà il destino di
molti. Facendo leva sul sesso, sia questo mosso dall'amore o da meri
fini pratici, vengono decretate le sorti di tutte le pedine che
concorrono al raggiungimento del climax, che devo dire riesce in
maniera magistrale e davvero suggestivo. Ashara coinvolge, stupisce,
e fornisce la prova che di talenti ne è piena l'editoria e spesso
laddove nessuno andrebbe mai a sospettare. Negli ultimi mesi si è
assistito a un incremento della pubblicazione del genere erotico,
quasi si trattasse di una fiera alla quale chiunque può partecipare
con il proprio banchetto, come se scrivere di amplessi sia semplice
quanto fare uno zucchero filato. Ashara Amati arriva proprio quando
avevo perso le speranze e lo fa in maniera positivamente scioccante,
fornendo spunti, mostrando un'originalità del tutto inusuale,
descrivendo senza parsimonia amplessi ricchi, mai stucchevoli,
appaganti quanto realistici. Mai preda di snobismo, capace di parlare
di perversione senza scadere nel viscido costume di molti, l'autrice
mostra usanze e costumi, situazioni che sono in voga dalla notte dei
tempi (quella di 50 sfumature non s'è inventata niente e i doppi
falli c'erano pure tra gli Egizi) e lo fa in maniera nuova,
totalizzante, estremamente fine. Sconvolge il percorso di maturazione
di Teseo, il suo crescere nel male e la sua fredda determinazione
priva di scrupoli. In un'epoca e n una cultura dove l'uomo davvero
aveva pieno controllo e potere, Teseo incarna la perversione, il
sottomesso che si riscatta e diviene ancor peggiore del suo aguzzino.
Fa riflettere l'involuzione psicologica di Asterio, alias Minotauro,
il suo mutamento davanti alle brutture di una guerra sanguinaria e
mai umana. Commuove, infine, il personaggio di Arianna perché
rispecchiante la donna moderna oltre ogni logica, così dannatamente
attuale da lasciar sgomenti. Ci sarebbero milioni di cose da dire
riguardo Di Morte e D'Ambra, ma non sarei comunque in grado di
trasporre da sola le emozioni provate, le sensazioni molteplici che
fanno di Ashara una scrittrice con la s maiuscola. Spero vinca il
contest in cui gareggia perché credo fermamente il suo sia il
romanzo migliore letto tra tutti e oltre. Ashara merita il cartaceo,
curato in ogni particolare, perché il suo è UN LIBRO, diamine!
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