venerdì 11 aprile 2014

Morsi di morte di Anton Francesco Milicia


Morsi di Morte

Padre Matteo è un pretucolo di campagna, assegnato al gregge sparuto e incanutito di un piccolo paese della campagna calabrese. Beh, non è proprio una chiesa canonica immersa nel clima gioviale della gioventù in boccio, quella in cui serve messa, ma i patti con i superiori sono stati chiari e concisi. Pur di salvarsi la pelle, infatti, Padre Matteo è scappato dalla grande città e da un'accusa infamante e dannatamente seria. Abuso sessuale, gente. E che abuso. E mica solo di un minore... No, di ben diciassette ragazzini. Solo uno di loro ha sempre insistito a dichiarare la sua innocenza, pur remando contro la moltitudine di coetanei che invece proclamavano l'abominio ricevuto. Ma tant'è... Padre Matteo, resistendo strenuamente contro l'impulso malato della sua mente, continua a sopravvivere in quella piccola chiesa di campagna. Però qualcuno sa, qualcuno ha capito... E non solo in città.

Inizia così il breve racconto di Antonio Francesco Milicia, autore esordiente ma dalla penna straordinariamente colma di talento. Si, ragazzi, talento. Perché non è semplice tessere la trama fitta di una storia intricata come quella che ha descritto, nel suo “Morsi di morte”. Come in una ragnatela, come lui stesso definisce il mondo in cui si muove uno dei personaggi chiave della narrazione, Milicia produce, a ogni piccolo passo, un filo di seta capace di intessersi perfettamente, creando ricami senza difetti alcuni, non lasciando assolutamente nessun dettaglio al caso. Il lettore è portato a leggere febbrilmente pagina dopo pagina, non subendo per nulla la brevità del racconto. Come se fosse riuscito a costituire, grazie alla penna, un piccolo mondo, Milicia riesce ad accattivare, esaltare e incuriosire, trasmettendo ansie e angosce proprie delle vittime descritte. La denuncia della pedofilia clericale, argomento purtroppo in auge nei tempi moderni, riesce a essere incisiva per quanto l'autore non si soffermi affatto sui particolari scabrosi che, sovente invece, tendono a tempestare le pagine dei quotidiani nazionali interessando per la loro morbosità più che per l'evento in sé. È possibile riscontrare, inoltre, la testimonianza di come lo sconforto e il danno mentale e psicofisico di tale reato siano in grado di insinuarsi nell'abusato, creando un mondo parallelo di realtà distorte, capaci di giustificare in qualche modo gli impulsi primordiali di una voglia di rivincita sull'aguzzino, agognando a una sua fine in maniere insospettate e insospettabili. È sconvolgente come, in effetti, Milicia riesca in sole ventiquattro pagine a rendere il senso di ansia, di ingiustizia, di pazzia latente e conseguente a un abuso infantile. È sconvolgente come un autore esordiente riesca laddove molti suoi colleghi di più elevato spessore e con mezzi altamente superiori a disposizione hanno fallito in passato. Un thriller, dai risvolti fantastici con brevissimi accenni all'universo horror, solo accarezzato, quest'ultimo, nonostante, forse in un contesto più ampio, sarebbe entrato di rigore e diritto nella narrazione sposandosi perfettamente al contesto socio culturale descritto. Magistrali le frequenti metafore utilizzate che riescono a rendere perfettamente determinate scene altrimenti scomode e crude nel contempo. Insomma, al suo primo lavoro Milicia dimostra di avere tutte le carte in regola per sfornare un lavoro di più ampio respiro, come un romanzo, non deludendo, comunque, sul genere breve del racconto. In attesa di prossimi sviluppi futuri, che so per certo sono in arrivo a breve, non posso far altro che consigliare la lettura del suo “Morsi di morte”, complimentandomi con lui e con il fato che ogni tanto col suo zampino riesce a mettermi sulla stessa strada di validi autori.  

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