Annabella è stata debellata. La sua
egemonia distrutta, infranta, persa in mille pezzi dissolti
nell'aria, come le ceneri del nemico. Finalmente Daphne e Andrea,
sposi, si lasciano andare ai bagordi del viaggio di nozze, alle
bellezze della vita di coppia, alla fantasticheria derivante
dall'esaltazione del momento. È tutto un tripudio di ricchi premi e
cotillons, al ritorno in casa: la loro casa. Andrea, galvanizzato dal
ritorno, Daphne distrutta dal viaggio; i due si abbandonano sul
letto, pronti per un riposo. Un unico particolare da sbrigare prima
di lasciarsi andare al meritato ristoro dopo tanto gozzovigliare:
controllare i messaggi in segreteria. Ed è lì che il gelo cala,
paralizzando gli arti di Andrea, forse inconsapevolmente conscio del
dramma che si sta per consumare entro le mura domestiche. Il sipario
cade rovinosamente a terra, travolgendo gli attori coinvolti nella
commedia “Daphne e Andrea, the revenge”. Perché Clarissa e
Giustino stanno per arrivare. Clarissa e Giustino. Due nomi, una
promessa. “Tesoro, amore della mamma, arriveremo per conoscere la
tua sposa!” E sarà come l'agnello di Dio che toglie i peccati del
mondo abbi pietà di noi. E saranno le piaghe d'Egitto senza il caldo
torrido del sole africano. No, niente Africa. Clarissa viene dai
Caraibi con furore, altroché città e governanti. Psicoterapeuta
affermata, con tanto di lacché al seguito, Giustino suo marito, per
l'appunto, Clarissa sarà la suocera che qualsiasi nuora vorrebbe
infilzata stile bambolina voodoo da mille spilli più uno, tanta è
la sua tracotanza nell'essere in ogni dove, in ogni momento. Un dio
sceso in terra. Ma uno di quelli che ti fanno rimpiangere di essere
ancora vivo e di non esserti estinto assieme ai dinosauri durante
l'era glaciale.
Torna Corinne Savarese e tornano i
personaggi di “Cara cognata ti odio!”, ancora più irriverenti,
ancora più stressatamente spassosi. In questa nuova puntata della
saga del momento, la Savarese si spinge oltre la semplice simpatia
dimostrata nel primo libro della famiglia Borghi/Borgia. Strisciando
sottile come una serpe nei meandri di un rapporto difficoltoso, quale
quello tra suocera e nuora, l'autrice testimonia in maniera
puntigliosa, puntuale, ficcante e terribilmente dissacrante quanto il
proprio ego possa emergere ai danni del prossimo. Se in Cara cognata
ti odio Annabella, sorella di Andrea, rappresentava l'ostacolo,
l'elemento di disturbo, disturbata lei per prima da mille conflitti
interni dovuti a un passato non propriamente sereno, in Finché
suocera non ci separi Clarissa rappresenta l'incubo che nessuno
vorrebbe vivere in terra. Rievocando quasi gli scenari apocalittici
di Nightmare, la Savarese descrive in maniera assolutamente perfetta
cosa siano capaci di fare il vizio, la tracotanza e la potenza di un
ego smisurato abituato a ottenere tutto ciò si desideri mediante una
scaltrezza quasi impossibile anche solo di immaginare. Apparentemente
una commedia dell'assurdo, caratterizzata da personaggi astrusi e
poco credibili, Finché suocera non ci separi narra, invece, proprio
la realtà familiare di molti. Si è portati a pensare che alcune
cose accadano soltanto nei film e nei libri, ma indagando in ogni
famiglia è facile rendersi conto quanto, invece, molte volte le
situazioni quotidiane riescano a superare di gran lunga il filo
interminabile della fantasia. La violenza psicologica, quella vera,
non appartiene soltanto ai rapporti uomo-donna, e non è una
prerogativa di vite altrui, lontane dal proprio contesto sociale. La
violenza domestica viene perpetrata in ogni dove, da qualsiasi
persona e in ogni modo possibile. E per assurdo, la figura della
suocera si presta in maniera disarmante a tale ruolo, perché forte
di una posizione privilegiata rispetto alla nuora e al figlio. La
suocera è grande, esperta, potente, colma di amore. Profondamente e
attivamente mossa dalle sole parole “amore” e “aiuto”,
infatti, tale figura può tranquillamente tessere e intrecciare
rapporti, distruggerne di preesistenti, muovendo le fila di vite già
collaudate e serene senza la sua presenza. Costantemente presente, la
suocera può avvalersi del ricatto morale e affettivo nei confronti
dei suoi sottoposti (in questo caso nuora e figlio) uscendo, da ogni
situazione, quale vincitrice indiscussa da una battaglia che lei
stessa ha creato e voluto, perpetrato e concluso, al solo fine di
legittimare un ruolo in decadenza. Complici l'età, l'infrangersi di
una maternità lontana, la dissolvenza di una giovinezza molto spesso
sprecata per via di problemi causati probabilmente proprio da un
predecessore simile a se stessa, la figura ingombrante della suocera
è sfigurata, deformata, quasi fosse il riflesso di uno specchio
nella casa degli orrori. Installandosi in una casa non sua, mediante
scuse plausibili e prive di possibili recriminazioni altrui, la
suocera entra e si insinua nel rapporto di coppia, corrodendolo
dall'interno, gettando le basi per un disastro preannunciato. La
Savarese, in questo frangente, pur mantenendo lo stile frizzate del
primo libro, dimostra una maturità superiore nel suo riuscire a
spiegare, con voce chiara e mai tentennante, le dinamiche proprie di
una violenza che troppo spesso viene consumata all'interno di
moltissime famiglie. Anche in questo caso, nonostante il lettore sia
portato all'esasperazione, agognando una fine lenta e dolorosa nei
confronti dell'aguzzino, l'autrice dimostra come la superiorità del
perdono riesca a salvare una situazione disastrata e priva di
apparente risoluzione. Il perdono è ciò che distingue la tracotanza
dall'intelligenza. Il perdono è lo strumento che eleva l'essere
umano vicino al divino, allontanandolo di netto dall'oscurità del
meschino. Il perdono è ciò che permette la vera introspezione del
prossimo e, in primo luogo, di se stessi, riuscendo a sanare vuoti
incolmabili. Molto spesso rappresenta forse un cedimento, ma la
comprensione è di gran lunga ciò che differenzia l'animale
dall'essere pensante che cammina sulla terra anziché strisciare. Non
tutti posseggono le facoltà elettive capaci e necessarie alla
convivenza tra caratteri diametralmente opposti e ben distinti. Ma,
come avviene in una coppia, il compromesso per una sana e pacifica
unione è rigoroso e decisivo e molto spesso deve giungere
dall'elemento più lungimirante e saggio, non necessariamente più
debole. Nella concezione moderna di uomo, si è portati a pensare che
l'elemento più forte sia in grado di vincere ogni battaglia e che
qualsiasi forma di furbizia sia la chiave intrinseca alla vittoria.
Ma cos'è, in fondo la vittoria? Il poter legittimare un sopruso? Il
poter disporre a proprio piacimento della mente di un altro? Oppure
il saper convivere e sorridere assieme agli altri, forti di ciò che
proprio Dio ha insegnato mediante le sue parole? Quante persone, in
società, cercano di passare per santi andando in chiesa ogni
domenica, macchiandosi poi di delitti o soprusi atroci e deliranti?
Senza riempirsi la bocca di inutili paroloni atti solo a dimostrare
una bigottagine anacronistica e per nulla costruttiva, la Savarese
dimostra come la bontà di un animo puro riesca a squarciare il buio
rappresentato da un dolore divenuto nel tempo cattiveria. L'autrice,
pur facendo ridere fino alle lacrime, quindi, riesce a trasmettere la
voglia di riflessione, l'istinto a elevarsi, l'importanza di una
bontà mai priva di onore e gloria. Al di là, comunque, della
riflessione intrinseca e dell'aspetto intimistico del romanzo, finché
suocera non ci separi è il degno seguito del suo predecessore. I
personaggi si susseguono in spassosi quadretti, facendo indignare,
infuriare, sbellicare dalle risate, quasi desiderando di avere il
potere di penetrare tra le pagine e poter modificare alcune scene
davvero esasperanti per quanto reali. Mediante questo romanzo si
torna, in un certo senso, a quelle commedie delle corti reali antiche
in cui il pubblico era portato a interagire con gli attori,
incitandoli ad agire in maniere differenti, additando il cattivo di
turno, puntando il pollice verso con tanto di “buuuh” a far da
cornice. Corinne Savarese convince, di nuovo, confermando di quanto
talento sia colma. Decisamente sprecata nel self publish, spero
vivamente in un suo possibile contatto futuro da parte di scout di
case editrici grandi, com'è già accaduto per altri talentuosi suoi
predecessori. Il chick lit italiano ha una nuova stella, degna di
brillare come una supernova nei cieli dell'editoria nazionale. E
questa cometa fissa pronta a solcare tali cieli è Corinne Savarese e
il suo Finché suocera non ci separi.
Grazie davvero, Federica. Ancora una volta hai saputo vedere il cuore del romanzo e gli hai dato valore e risonanza. La tua recensione è bellissima.
RispondiEliminaGrazie anche dei meravigliosi complimenti, che accetto, lo sai, molto volentieri ;)
Sai che ciò che ho scritto è semplicemente vero. E grazie dei complimenti per una recensione che non ci sarebbe stata senza la meravigliosa materia prima ;)
RispondiElimina<3
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