lunedì 28 aprile 2014

Finché suocera non ci separi (Cara, ti odio!) di Corinne Savarese


Finché suocera non ci separi!




Annabella è stata debellata. La sua egemonia distrutta, infranta, persa in mille pezzi dissolti nell'aria, come le ceneri del nemico. Finalmente Daphne e Andrea, sposi, si lasciano andare ai bagordi del viaggio di nozze, alle bellezze della vita di coppia, alla fantasticheria derivante dall'esaltazione del momento. È tutto un tripudio di ricchi premi e cotillons, al ritorno in casa: la loro casa. Andrea, galvanizzato dal ritorno, Daphne distrutta dal viaggio; i due si abbandonano sul letto, pronti per un riposo. Un unico particolare da sbrigare prima di lasciarsi andare al meritato ristoro dopo tanto gozzovigliare: controllare i messaggi in segreteria. Ed è lì che il gelo cala, paralizzando gli arti di Andrea, forse inconsapevolmente conscio del dramma che si sta per consumare entro le mura domestiche. Il sipario cade rovinosamente a terra, travolgendo gli attori coinvolti nella commedia “Daphne e Andrea, the revenge”. Perché Clarissa e Giustino stanno per arrivare. Clarissa e Giustino. Due nomi, una promessa. “Tesoro, amore della mamma, arriveremo per conoscere la tua sposa!” E sarà come l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo abbi pietà di noi. E saranno le piaghe d'Egitto senza il caldo torrido del sole africano. No, niente Africa. Clarissa viene dai Caraibi con furore, altroché città e governanti. Psicoterapeuta affermata, con tanto di lacché al seguito, Giustino suo marito, per l'appunto, Clarissa sarà la suocera che qualsiasi nuora vorrebbe infilzata stile bambolina voodoo da mille spilli più uno, tanta è la sua tracotanza nell'essere in ogni dove, in ogni momento. Un dio sceso in terra. Ma uno di quelli che ti fanno rimpiangere di essere ancora vivo e di non esserti estinto assieme ai dinosauri durante l'era glaciale.

Torna Corinne Savarese e tornano i personaggi di “Cara cognata ti odio!”, ancora più irriverenti, ancora più stressatamente spassosi. In questa nuova puntata della saga del momento, la Savarese si spinge oltre la semplice simpatia dimostrata nel primo libro della famiglia Borghi/Borgia. Strisciando sottile come una serpe nei meandri di un rapporto difficoltoso, quale quello tra suocera e nuora, l'autrice testimonia in maniera puntigliosa, puntuale, ficcante e terribilmente dissacrante quanto il proprio ego possa emergere ai danni del prossimo. Se in Cara cognata ti odio Annabella, sorella di Andrea, rappresentava l'ostacolo, l'elemento di disturbo, disturbata lei per prima da mille conflitti interni dovuti a un passato non propriamente sereno, in Finché suocera non ci separi Clarissa rappresenta l'incubo che nessuno vorrebbe vivere in terra. Rievocando quasi gli scenari apocalittici di Nightmare, la Savarese descrive in maniera assolutamente perfetta cosa siano capaci di fare il vizio, la tracotanza e la potenza di un ego smisurato abituato a ottenere tutto ciò si desideri mediante una scaltrezza quasi impossibile anche solo di immaginare. Apparentemente una commedia dell'assurdo, caratterizzata da personaggi astrusi e poco credibili, Finché suocera non ci separi narra, invece, proprio la realtà familiare di molti. Si è portati a pensare che alcune cose accadano soltanto nei film e nei libri, ma indagando in ogni famiglia è facile rendersi conto quanto, invece, molte volte le situazioni quotidiane riescano a superare di gran lunga il filo interminabile della fantasia. La violenza psicologica, quella vera, non appartiene soltanto ai rapporti uomo-donna, e non è una prerogativa di vite altrui, lontane dal proprio contesto sociale. La violenza domestica viene perpetrata in ogni dove, da qualsiasi persona e in ogni modo possibile. E per assurdo, la figura della suocera si presta in maniera disarmante a tale ruolo, perché forte di una posizione privilegiata rispetto alla nuora e al figlio. La suocera è grande, esperta, potente, colma di amore. Profondamente e attivamente mossa dalle sole parole “amore” e “aiuto”, infatti, tale figura può tranquillamente tessere e intrecciare rapporti, distruggerne di preesistenti, muovendo le fila di vite già collaudate e serene senza la sua presenza. Costantemente presente, la suocera può avvalersi del ricatto morale e affettivo nei confronti dei suoi sottoposti (in questo caso nuora e figlio) uscendo, da ogni situazione, quale vincitrice indiscussa da una battaglia che lei stessa ha creato e voluto, perpetrato e concluso, al solo fine di legittimare un ruolo in decadenza. Complici l'età, l'infrangersi di una maternità lontana, la dissolvenza di una giovinezza molto spesso sprecata per via di problemi causati probabilmente proprio da un predecessore simile a se stessa, la figura ingombrante della suocera è sfigurata, deformata, quasi fosse il riflesso di uno specchio nella casa degli orrori. Installandosi in una casa non sua, mediante scuse plausibili e prive di possibili recriminazioni altrui, la suocera entra e si insinua nel rapporto di coppia, corrodendolo dall'interno, gettando le basi per un disastro preannunciato. La Savarese, in questo frangente, pur mantenendo lo stile frizzate del primo libro, dimostra una maturità superiore nel suo riuscire a spiegare, con voce chiara e mai tentennante, le dinamiche proprie di una violenza che troppo spesso viene consumata all'interno di moltissime famiglie. Anche in questo caso, nonostante il lettore sia portato all'esasperazione, agognando una fine lenta e dolorosa nei confronti dell'aguzzino, l'autrice dimostra come la superiorità del perdono riesca a salvare una situazione disastrata e priva di apparente risoluzione. Il perdono è ciò che distingue la tracotanza dall'intelligenza. Il perdono è lo strumento che eleva l'essere umano vicino al divino, allontanandolo di netto dall'oscurità del meschino. Il perdono è ciò che permette la vera introspezione del prossimo e, in primo luogo, di se stessi, riuscendo a sanare vuoti incolmabili. Molto spesso rappresenta forse un cedimento, ma la comprensione è di gran lunga ciò che differenzia l'animale dall'essere pensante che cammina sulla terra anziché strisciare. Non tutti posseggono le facoltà elettive capaci e necessarie alla convivenza tra caratteri diametralmente opposti e ben distinti. Ma, come avviene in una coppia, il compromesso per una sana e pacifica unione è rigoroso e decisivo e molto spesso deve giungere dall'elemento più lungimirante e saggio, non necessariamente più debole. Nella concezione moderna di uomo, si è portati a pensare che l'elemento più forte sia in grado di vincere ogni battaglia e che qualsiasi forma di furbizia sia la chiave intrinseca alla vittoria. Ma cos'è, in fondo la vittoria? Il poter legittimare un sopruso? Il poter disporre a proprio piacimento della mente di un altro? Oppure il saper convivere e sorridere assieme agli altri, forti di ciò che proprio Dio ha insegnato mediante le sue parole? Quante persone, in società, cercano di passare per santi andando in chiesa ogni domenica, macchiandosi poi di delitti o soprusi atroci e deliranti? Senza riempirsi la bocca di inutili paroloni atti solo a dimostrare una bigottagine anacronistica e per nulla costruttiva, la Savarese dimostra come la bontà di un animo puro riesca a squarciare il buio rappresentato da un dolore divenuto nel tempo cattiveria. L'autrice, pur facendo ridere fino alle lacrime, quindi, riesce a trasmettere la voglia di riflessione, l'istinto a elevarsi, l'importanza di una bontà mai priva di onore e gloria. Al di là, comunque, della riflessione intrinseca e dell'aspetto intimistico del romanzo, finché suocera non ci separi è il degno seguito del suo predecessore. I personaggi si susseguono in spassosi quadretti, facendo indignare, infuriare, sbellicare dalle risate, quasi desiderando di avere il potere di penetrare tra le pagine e poter modificare alcune scene davvero esasperanti per quanto reali. Mediante questo romanzo si torna, in un certo senso, a quelle commedie delle corti reali antiche in cui il pubblico era portato a interagire con gli attori, incitandoli ad agire in maniere differenti, additando il cattivo di turno, puntando il pollice verso con tanto di “buuuh” a far da cornice. Corinne Savarese convince, di nuovo, confermando di quanto talento sia colma. Decisamente sprecata nel self publish, spero vivamente in un suo possibile contatto futuro da parte di scout di case editrici grandi, com'è già accaduto per altri talentuosi suoi predecessori. Il chick lit italiano ha una nuova stella, degna di brillare come una supernova nei cieli dell'editoria nazionale. E questa cometa fissa pronta a solcare tali cieli è Corinne Savarese e il suo Finché suocera non ci separi.

3 commenti:

  1. Grazie davvero, Federica. Ancora una volta hai saputo vedere il cuore del romanzo e gli hai dato valore e risonanza. La tua recensione è bellissima.
    Grazie anche dei meravigliosi complimenti, che accetto, lo sai, molto volentieri ;)

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  2. Sai che ciò che ho scritto è semplicemente vero. E grazie dei complimenti per una recensione che non ci sarebbe stata senza la meravigliosa materia prima ;)

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