mercoledì 19 febbraio 2014

Non si parla del "diverso"... Giusto, perché dovremmo?

Ho notato con sgomento che nessuno, e dico nessuno, ha parlato del programma andato in onda il 17 di febbraio su Rai3. Che programma era? Uno stage di sei ragazzi con sindrome di Down presso un albergo. Innanzitutto c'è da riportare l'ormai nota e triste realtà di vedere tali programmi di informazione su canali secondari e in fasce orarie decisamente proibitive per molti. In più, a questo, si aggiunge la pochissima informazione dell'evento. Se la persona Down viene schiaffata in prima serata con la De Filippi per far ridere qualcuno tutto bene, ma se bisogna indagarne la vita vera si baipassa tutto ad altri. Vi sembra una cosa normale? In Italia lo è, eppure non dovrebbero esistere queste cose. Tempo fa scrivevo dell'importanza, per il cosiddetto "normodotato", di aiutare, se si è in grado di farlo, il prossimo meno fortunato. E per meno fortunato intendo dal punto di vista genetico. Ora: se non ci si prende neanche la briga di informarsi su ciò che fa parte del proprio mondo, che senso ha promulgare buoni e falsi sentimenti? Facile intenerirsi davanti all'immagine di due persone con handicap che si baciano. Facile indignarsi fino ai capelli davanti ai soprusi dei bulli ai danni di chi è debole, ma quando si tratta di fare qualcosa di concreto, oppure semplicemente prestare attenzione per più di cinque minuti a quello che da noi risulta "diverso" è troppo... Ed è davvero sconcertante. C'è la concezione comune, e credetemi che parlo per esperienza, di guardare alla persona Dwon come al "porello" al "eh, ma c'hanno una forza..." "eh, ma c'hanno una sensibilità..." "eh, ma so tanto dolci" "eh, mi fanno tanto ridere"... Chiariamo una volta e per tutte, dato che nessuno si informa sul tema e nessuno tenta di farlo: le persone con sindrome di Down sono PERSONE, non giullari di corte, mostri dei circhi passati o individui da compatire. Se solo la società si prendesse la briga di accettare il prossimo per quello che è, e non per come lo intende e per quanto timore gli rechi, allora si vivrebbe in maniera più civile. Ci sono voluti secoli affinché chiudessero i manicomi e le persone con handicap cominciassero a venir trattate non più come bestie ma come persone con una propria patologia da valutare. Non mi sembra, però, che dalla legge Basaglia la concezione sociale sia mutata più di tanto... Addirittura pochi anni fa si parlava di nuovo di creare delle classi speciali per persone speciali, tanto per confinare l'handicap lontano dai normodotati in modo da non intaccarne il prezioso apprendimento. Le bestie, in questo caso, continuiamo a essere noi. Vado su Facebook e continuo a veder parlare di cani, gatti, giraffe, movimenti gay, movimenti politici, diatribe su eventi assurdi quali programmi televisivi o partite di calcio. Per carità di Dio, la vita è fatto di e soprattutto di questo. Ma come mai non esiste nessun dibattito sulla condizione dei bambini con handicap nelle scuole? Sul fatto che le ore di sostegno siano state ridotte al lumicino, impedendo un regolare apprendimento di questi bambini in funzione delle loro reali capacità? Si parla di scuola, ma solo in funzione dei professori, dei maestri, dei bambini normodotati, delle impalcature che cedono. Ma il fatto che una famiglia debba vedere e sapere che il proprio bambino con handicap viene condotto a scuola per, la maggior parte delle volte, disegnare su un foglio di carta bianco per cinque ore, cosa che potrebbe fare benissimo a casa sua, no. C'è giustizia? No. C'è informazione? No. Ed è anche vero che la maggior parte delle volte tale informazione, seppur fatta, viene ignorata dalla società e bollata come "notizia noiosa", ma riportata in auge solo nel momento di un'elezione, tanto per accaparrarsi qualche votarello in più. Se si parla della persona Down si deve far ridere, altrimenti non ci si accattiva la simpatia delle persone. Se si parla dell'autismo lo si deve fare solo alle Iene e portando come esempio un ragazzo che ha la fortuna di avere un grande papà che ha sacrificato tutto per lui. Dei sordi e dei ciechi o dei muti non si parla proprio, tolta la pubblicità con Arbore. Poi ci sono le varie associazioni per le malattie rare e rarissime che chiedono, giustamente, contributi e che, strano ma vero, hanno ben più visibilità delle patologie più comuni. Anche solo il ritardo mentale non viene per nulla menzionato e si continua a vedere gente adulta che ride a crepapelle davanti a una persona che, pur sforzandosi, non riesce a comprendere determinate cose. A volte verrebbe da prendere tutto e mettere a ferro e fuoco le istituzioni, ma poi si dovrebbe passare a picchiare l'ignoranza e non è possibile. L'unica cosa che è concessa fare è continuare a divulgare un amore per chi non si conosce, per chi ha il DIRITTO di esserci, tanto quanto noi. Spero che prima o poi la mentalità muti, istruendo i bambini a una sensibilizzazione che ben pochi genitori posseggono.

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