venerdì 7 febbraio 2014

Vaneggiamenti n. 2 il ritorno





Chissà cosa passa nella mente dell'adolescente? Davvero, non me lo spiego. Lo sono stata, me lo ricordo, tanto tempo fa, e non sono stata neanche troppo difficile da gestire. Almeno credo, di non essere stata complicata. Non ero tipa da canne, da birra a fiumi e da taccheggio all'Oviesse. Sono stata messa in punizione, ma non mi sono mai ribellata, andando contro i consigli comuni dei miei coetanei, rispettando sempre i miei coprifuochi imposti da mamma e papà. Insomma, ero una tipa ok, una tipa introversa, a volte, un po' nerd, a mio modo, ma ok. Eppure c'erano momenti in cui mi lasciavo andare a un pianto irrefrenabile, chiusa nei bagni del liceo, confidando alla mia migliore amica di allora di essere convinta di morire giovane. Non vedevo futuro, non riuscivo a immaginarmi sposata, incinta, con un lavoro o con una casa mia. Perché? Voi lo sapete? Io no. Non mi mancava nulla. Certo, avrei capito istinti suicidi durante gli anni delle scuole medie, per me davvero insidiosi, ma non negli anni del liceo. Avevo un lavoro estivo, avevo due sorelle, una famiglia normale, un po' severa, ma mi ha reso ciò che sono quindi andava bene. Avevo un ragazzo all'epoca che mi adorava, nonostante non sia andata affatto bene con lui, e ho conosciuto colui che, a distanza di quindici anni, sarebbe diventato mio marito. Insomma, cosa avevo che non andava, che mi faceva vedere il buio totale lungo un cammino di certo impervio ma primo di sostanziali difficoltà? Non me lo so spiegare. Proprio per questo motivo provo una profonda paura nell'affrontare la maternità. Non perché sarò costretta a dormire poco, come molti sostengono, non perché farò meno sesso con mio marito o perché non riuscirò a uscire di casa per trecento anni, stando a ciò che dicono i promulgatori del terrorismo psicologico post parto. No. Ho paura perché dalle conoscenze che fornirò al mio bambino, assieme a suo padre, dipenderà la struttura mentale con la quale lui affronterà il mondo, le delusioni, le gioie e i tormenti della vita. Quante persone si soffermano a pensare a tutto ciò? Molte, credo. Sarebbe bello pensare che tutti gli aspiranti genitori si pongano domande simili, dimostrando una lungimiranza nell'educazione che svilupperà il giovane di domani, ma non pretendo tanto. Però... Però mi capita, ancora adesso, di ascoltare storie di ragazzi morti suicidi a causa di un brutto voto a scuola, di una delusione d'amore, o di una gita andata male. Ci sono anche quelli che decidono di ammazzare i propri genitori, amici o fidanzati. Perché? Possibile che tutto dipenda dalla società cattiva? Possibile che tutto dipenda dai genitori che non riescono, a volte, a sopportare la pressione del loro ruolo? Possibile che dipenda da icone negative presenti nelle vite quotidiane del nostro tempo? E se, invece, dipendesse, semplicemente, dal fatto che gli adolescenti sono adolescenti? Facilmente influenzabili da tutto, inclini al melodramma più spinto, raramente empatici, estremamente narcisisti. Gli adolescenti, quelli che se ne vanno in giro, con le cuffiette, a cantare storie di amori infranti, credendo che l'universo sia racchiuso in un gruppo musicale. Allora, forse, la vera educazione di un genitore sta nell'accettare il carattere del proprio figlio, rimanere concentrato nel proprio ruolo senza cedere alla tentazione di essere amico, anziché guida, e sostenere, comprendere e punire nella giusta misura, in modo che il proprio figlio riesca nel difficile compito della transizione verso l'età adulta. Gli errori ci sono e ci saranno, è inutile negarlo, ma è anche inutile dare la colpa dei fallimenti alla società, alla musica o ai libri. Gli adolescenti sono adolescenti. Punto. E continueranno a piangere, nei bagni di scuola, senza motivo, blaterando di aver paura di morire giovani. Nonostante tutto. E i genitori devono fare i genitori. Ed essere obiettivi. E basta.   

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