martedì 3 maggio 2016

Cristallo: come tutto ha avuto inizio

Il 1 maggio è uscita la seconda edizione di Cristallo, romanzo con il quale sono rientrata, tre anni fa, di nuovo in pista con la scrittura. Certo, lo avevo fatto in febbraio con l'Inferno di Rebecca, molto simile per tematiche, in realtà, ma era Cristallo il testo che davvero mi rendeva libera.
Rimettersi in gioco dopo sei anni non era facile, soprattutto al pensiero di aver mollato quando avevo tutte le carte in regola per arrivare molto prima a un traguardo voluto. Ma sentivo di doverlo fare, di volerlo fare. Perché avevo mollato? Ne parlo spesso, ma non spiego mai.
Lasciai tutto, nel 2009, e fu per vivere il calvario descritto in Cristallo. Non tutto, certo, ma una buona parte. Tra il 2013 e il 2014 ho scritto la prima versione Cristallo, oggi esco con la seconda edizione. Più matura, più realistica, ben più forte. Prima non ero pronta, adesso sì.

Scrivere per me era davvero un sogno, come per tutte le ragazzine che coltivano il desiderio di raccontare storie, e il giorno in cui mio padre entrò in ufficio con la copia del mio primo libro, Dacon, facendomi una sorpresa inattesa, ricordo che mi illuminai. Per poco, sì, ma lo feci. Perché avevo visto l'amore e la fierezza negli occhi di chi davvero mi voleva bene. Capirlo era praticamente impossibile, ma percepirlo invece sì. La realtà era che il mio cuore, la mia testa, cercavano altro: altre conferme, altrui festeggiamenti. Una stima rincorsa nel tempo, un'accettazione di quella che ero per come ero.
Che  non arrivarono.
Mai.
Chi scrive sa quanto sia importante il sostegno della propria famiglia. Se non altro, del partner, quando si ha (e quando non si ha, in alcuni casi, è molto meglio, credetemi). Se quello che si riceve, specialmente durante i primi passi nella scrittura, è disprezzo e invidia, per quanto la passione sia forte, si tenderà a mollare tutto, a tralasciare le proprie inclinazioni, a credere di non valere nulla, di non fare, in fondo, chissà cosa.


Ora so, a distanza di anni, che la ritrosia di chi mi era accanto, che sperimentai sulla mia pelle, fu soltanto la proiezione di un'invidia cocente, della sensazione di inferiorità che ha portato poi a tutto ciò che ho vissuto... Inferiorità non mia, ma di chi mi faceva sentire tale. Allora, però, non lo sapevo, non lo capivo, non volevo accettarlo. Nella prima versione di Cristallo si parla di "una nota stonata in fondo a quella melodia che sembrava amore" ed è proprio così che andavano le cose. Sapevo, ma non volevo vedere, ascoltare, sentire, accettare.
Quando uscii con Astri di paura la situazione era già peggiorata ed erano trascorsi solo pochi mesi dalla pubblicazione di Dacon. Avevo perso ogni slancio, ogni desiderio, e seppur riscontrassi i miglioramenti, le critiche positive, una popolarità insperata, la vita mi portava altrove.
Lui mi portava altrove. E Cristallo cominciava a scrivere le proprie pagine, in maniera autonoma, come uno spettro che segue ogni tuo passo, in silenzio, delineando per te una strada impervia.

I sei anni che seguirono furono l'incubo, il baratro, l'inferno. Non me ne vergogno più, ora, ma non lo avrei mai ammesso prima. Non me ne vergogno perché non voglio vergognarmene, non perché ci sia l'istinto reale, in me, di rivalsa o accettazione. Ci faccio i conti ogni giorno, ormai il cristallo infranto dei miei 20 anni è parte di me, si ricompone pezzo pezzo andando avanti.
Ma c'è un pensiero che mi pungola e che non mi lascia in pace, ed è lo stesso che mi ha spinta a scrivere il romanzo che racconta una storia uguale a tante altre, inascoltata perché inutile per molti.
Vedere i miei genitori arrabattarsi per trovare una soluzione ai miei cambiamenti, all'epoca, mi logorava, mi deprimeva, mi faceva infuriare. Non è facile per chi vive l'inferno, non è facile per chi ne è spettatore inerme.


Questo pensiero non mi abbandona, nonostante siano trascorsi anni, perché vedo che la storia si ripete di continuo, in case estranee, in famiglie lontane chilometri, in quella del vicino...
Eppure io ho vissuto tutto questo: ho una responsabilità, no?
Come posso far capire, io, cosa significhi annullarsi e aspettarsi, nel contempo, il salvataggio? Come posso spiegare cosa sia l'essere in balia di una persona e desiderare ancor più violenza, amore, disprezzo, tregua... pace?
L'unico mezzo che ho trovato per fare tutto questo è stato scrivere parte della mia storia,mescolarla ad altre, mantenendo il file rouge dei miei pensieri, delle mie sensazioni. Perché ora non sono più una ragazzina, adesso sono una donna, sposata, con un bambino. Sono madre. Ho un bagaglio di esperienze, sulle spalle, tale da consentirmi un coming out responsabile.
Eppure sono sempre Federica, la ragazzina di 20 anni che, nel suo monolocale, davanti al computer, cercava una maniera per tirare fuori i propri mostri senza riuscirci. Perché i mostri erano quelli della sua anima, non quelli fittizi di una pagina di fumetto.

E ci sarebbe tanto altro da dire... Ma Cristallo è lì che vi aspetta ed è un buon punto di inizio per cominciare un serio dialogo, se volete. Se vorrete.

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