martedì 14 gennaio 2014

Il mestiere di scrivere contrapposto al mestiere di vivere... Difficile eh?


Cosa significa scrivere? Essere scrittore? Inventare storie?
Lo si fa soltanto per sé stessi, come molti sostengono, oppure è un modo per interagire con gli altri? E come mai, le stesse persone che sostengono di scrivere soltanto ciò che più li aggrada, provano l'irrefrenabile impulso di farsi pubblicare o di auto pubblicarsi, facendo in modo e maniera di raggiungere più persone possibili? Semplice vanagloria? Voglia di arricchirsi con qualcosa che potrebbe essere visto e intrapreso come un mestiere qualunque? C'è chi sostiene che scrivere per mestiere non sia così tanto bello, che una volta che si è costretti a farlo per vivere si perda tutto lo slancio proprio della passione che muove le mani sulla tastiera. O una penna su un foglio bianco. Credo che queste ultime persone siano ipocrite. Credo che si scriva perché si desidera esprimere concetti condivisi da più persone possibili. Credo che si cerchi di divulgare il proprio pensiero con gli intenti più differenti, ma sempre e comunque nel costante tentativo di farsi leggere da qualcuno. Ed essere apprezzati. Forse è per questo che, sovente, si attinge dalla propria vita, da quella di conoscenti e parenti, da alcuni particolari vissuti o ascoltati da terzi. Si vuole cercare un'approvazione, com'è insito nell'essere umano. Un approvazione di sé stessi nel riflesso altrui. È per questo che si rimane così male nel momento in cui si riceve una critica. Ma ancor di più quando il proprio lavoro viene denigrato solo perché, chi lo legge, non è in grado di comprendere quale sia il concetto di base che si è voluto esprimere. Non trovo affatto giusto criticare il lavoro altrui, giudicarlo o tentare di affossarlo senza giuste motivazioni. Anzi, per una cosa simile, non credo neanche che esistano motivazioni valide. Non si giudica il prossimo, e basta. Non giudico chi sente l'esigenza di pubblicizzare il proprio lavoro in ogni modo possibile. È come se una persona avesse bisogno di un lavoro e, per non invadere la privacy altrui, non andasse a cercarlo ma attendesse che questo andasse a bussare alla sua porta. Non giudico chi scrive cose in maniera non rispondenti del tutto alla grammatica italiana. Non tutti posseggono una laurea, ma molti sentono il bisogno di divulgare le storie che sentono nascere dentro. Nella stessa maniera, quindi, non denigro assolutamente il lavoro di chiunque. Punto primo perché non è il mio, punto secondo perché non so quale tipo di sacrificio ci sia dietro, punto terzo perché io non sono nei panni di quella data persona. Si tratta di rispetto per il sacrificio altrui, che questo sia oppure non sia in linea con il proprio gusto personale. Non sopporto l'ipocrisia o il brandire la spada della giustizia, quando non si ha il coraggio di guardare, per primi, nel proprio orto. Questo non è un articolo volto a osannare il mio lavoro, non so più neanche io quale sia, in realtà, il mio mestiere. Ma chiedo soltanto, alle persone di buon senso, di cercare di elevare il proprio essere di un gradino più alto, giorno dopo giorno, per cercare di essere persone migliori che valutano e riflettono prima di aprire bocca e giudicare il lavoro altrui. Il vero mestiere di un essere umano dovrebbe essere, in primo luogo, quello di tentare di essere persone migliori traendo giovamento da ogni piccolo particolare che orbita nella vita quotidiana. Lo scrittore, in fondo, cerca di fotografare, con le parole, proprio questo processo, rendendo omaggio a chi vince e testimoniando chi fallisce. Ma lo scrittore non sarebbe nessuno se non leggesse le varie esperienze del mondo che lo attornia. Nella stessa maniera l'uomo dovrebbe riflettere prima di agire in qualsiasi maniera desideri.  

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