Cosa significa scrivere? Essere
scrittore? Inventare storie?
Lo si fa soltanto per sé stessi, come
molti sostengono, oppure è un modo per interagire con gli altri? E
come mai, le stesse persone che sostengono di scrivere soltanto ciò
che più li aggrada, provano l'irrefrenabile impulso di farsi
pubblicare o di auto pubblicarsi, facendo in modo e maniera di
raggiungere più persone possibili? Semplice vanagloria? Voglia di
arricchirsi con qualcosa che potrebbe essere visto e intrapreso come
un mestiere qualunque? C'è chi sostiene che scrivere per mestiere
non sia così tanto bello, che una volta che si è costretti a farlo
per vivere si perda tutto lo slancio proprio della passione che muove
le mani sulla tastiera. O una penna su un foglio bianco. Credo che
queste ultime persone siano ipocrite. Credo che si scriva perché si
desidera esprimere concetti condivisi da più persone possibili.
Credo che si cerchi di divulgare il proprio pensiero con gli intenti
più differenti, ma sempre e comunque nel costante tentativo di farsi
leggere da qualcuno. Ed essere apprezzati. Forse è per
questo che, sovente, si attinge dalla propria vita, da quella di
conoscenti e parenti, da alcuni particolari vissuti o ascoltati da
terzi. Si vuole cercare un'approvazione, com'è insito nell'essere
umano. Un approvazione di sé stessi nel riflesso altrui. È per
questo che si rimane così male nel momento in cui si riceve una
critica. Ma ancor di più quando il proprio lavoro viene denigrato
solo perché, chi lo legge, non è in grado di comprendere quale sia
il concetto di base che si è voluto esprimere. Non trovo affatto
giusto criticare il lavoro altrui, giudicarlo o tentare di affossarlo
senza giuste motivazioni. Anzi, per una cosa simile, non credo
neanche che esistano motivazioni valide. Non si giudica il prossimo,
e basta. Non giudico chi sente l'esigenza di pubblicizzare il proprio
lavoro in ogni modo possibile. È come se una persona avesse bisogno di un lavoro e, per non invadere la privacy altrui, non andasse a cercarlo
ma attendesse che questo andasse a bussare alla sua porta. Non giudico chi
scrive cose in maniera non rispondenti del tutto alla grammatica
italiana. Non tutti posseggono una laurea, ma molti sentono il
bisogno di divulgare le storie che sentono nascere dentro. Nella stessa
maniera, quindi, non denigro assolutamente il lavoro di chiunque.
Punto primo perché non è il mio, punto secondo perché non so quale
tipo di sacrificio ci sia dietro, punto terzo perché io non sono nei
panni di quella data persona. Si tratta di rispetto per il sacrificio
altrui, che questo sia oppure non sia in linea con il proprio gusto
personale. Non sopporto l'ipocrisia o il brandire la spada della
giustizia, quando non si ha il coraggio di guardare, per primi, nel
proprio orto. Questo non è un articolo volto a osannare il mio
lavoro, non so più neanche io quale sia, in realtà, il mio
mestiere. Ma chiedo soltanto, alle persone di buon senso, di cercare
di elevare il proprio essere di un gradino più alto, giorno dopo
giorno, per cercare di essere persone migliori che valutano e
riflettono prima di aprire bocca e giudicare il lavoro altrui. Il
vero mestiere di un essere umano dovrebbe essere, in primo luogo,
quello di tentare di essere persone migliori traendo giovamento da
ogni piccolo particolare che orbita nella vita quotidiana. Lo
scrittore, in fondo, cerca di fotografare, con le parole, proprio
questo processo, rendendo omaggio a chi vince e testimoniando chi
fallisce. Ma lo scrittore non sarebbe nessuno se non leggesse le
varie esperienze del mondo che lo attornia. Nella stessa maniera
l'uomo dovrebbe riflettere prima di agire in qualsiasi maniera
desideri.
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