La
teca delle anime
“Certo, tu no? Non
era ciò che volevamo?”
“Si ma, ragiona, non
ci metterà nei guai?”
“No, è la mia più
grande aspirazione, non posso che sperare nel meglio. Abbiamo
trovato questo libro mentre eravamo alla ricerca della Grande Dea...
è un segno del destino! Desiderano insinuarci nel loro mondo,
investirci dei poteri a cui bramiamo e renderci immortali e
bellissime, proprio come loro.”
“Non ti sembra strano
che ci abbiano fornito un libro antico con le precise parole di
iniziazione? Secondo te è normale dover pronunciare il Padre Nostro
al contrario? Cosa c'entra Dio con la religione Wiccan?”
“Fai troppe domande,
Sandra... devo credere che il tuo desiderio di essere strega non sia
abbastanza forte? C'è scritto a chiare lettere sulla prefazione.
Dobbiamo seguire passo passo ciò che è narrato per giungere alla
gloria della Grande Dea.”
“I... io preferisco
lasciar perdere, Guenda. Non mi piace questa storia.”
“Come desideri, ma se
è così, vai via. Non voglio averti fra i piedi, mentre pronuncio
le parole in grado di rendermi immortale.”
Le due ragazze si
fissarono.
Erano compagne di
classe fin dalle scuole elementari e amiche inseparabili da quando
rammentavano di esistere. Nessuna delle due si muoveva senza che
l'altra non fosse lì di fianco,l'una dipendente dall'altra.
Questa era la seconda
grande frattura che rischiava di separare le loro strade.
La prima era stata
superata, nonostante il fantasma di ciò che era accaduto avesse
continuato ad aleggiare tra le loro vite, fluttuante e trasparente.
“Guenda, cosa stai
dicendo?”
“Secondo te, solo
perché non desideri diventare strega come me, dovrei rinunciare al
mio sogno?”
“Ma ragiona! Ti rendi
conto che c'è una preghiera sacra da pronunciare al contrario?
Credi sia nei fondamenti della religione amorevole della Dea
prevaricare il credo di altri? Non è questo ciò che ci è stato
insegnato. Rammenta perché ci siamo votate ai riti sacri della
religione Wiccan, ricorda il motivo per il quale...”
“VATTENE!
Voglio rimanere sola,
io e il MIO libro.”
“Guenda... per
favore...”
“HO DETTO VAI VIA!”
Sandra osservò il
volto arrossato dell'amica e concluse che non c'era più nulla che
potesse dire o fare per persuaderla dai suoi intenti.
Si voltò e,
inoltrandosi nella boscaglia, scomparve sotto lo sguardo violaceo
dell'amica.
“Stupida vigliacca
che non sei altro! Io sono differente da te e, quando noterai i miei
poteri, ti renderai conto di ciò che hai perduto come una povera
stupida.”
“Guenda, aiutami,
ti prego. Non riesco a nuotare...”
Afferrò il libro e lo
rimirò a lungo, prima di aprirlo.
Voltò la copertina
rossa carminio e lesse le due righe riportate sulla prima pagina.
Ti
appartengo per la vita.
Mi apparterrai per
l'eterno
g Ti prego
Guenda, sento freddo”
Corrucciò
la fronte, imperlata di sudore freddo nel vento pungente del bosco,
e voltò pagina. La carta era ingiallita dal tempo, porosa e
profumata di antico con gli angoli molto affilati. Guenda, nel
voltare la terza pagina, si tagliò l'indice e una goccia di sangue
macchiò la pagina.
gAiutami,
aiutami...”
Portò
il dito alle labbra, imprecando sottovoce per il dolore sottile e
penetrante, e leccò il sangue che sgorgava copioso. Seduta a terra
con le gambe incrociate, portò il libro sulle ginocchia e osservò
la goccia rossa rivolare lungo il bianco sporco della pagina,
formando con il suo passaggio una sorta di “g” in corsivo.
Sorrise.
“Ora
è mio sul serio... c'è la mia iniziale... questo è il DESTINO!”
Si
sedette meglio sul fogliame secco, proteggendo il collo con il
bavero del cappotto, e riprese a sfogliare il libro.
gGrazie
Guenda, grazie sorellina...”
Gli
occhi lucidi di emozione, giunse a quella che sembrava la formula
d'iniziazione alla sacralità della magia. Wiccan o non Wiccan,
sarebbe diventata una strega.
Bianca, nera, marrone,
azzurra... la magia era magia e non faceva differenza da che luogo
provenissero i poteri invocati.
“Strega...”
Le labbra si arricciarono e il cuore prese a battere dall'emozione,
assieme i brividi freddi che le correvano tra i capelli e scendevano
giù, tuffandosi tra le scapole e insinuandosi sotto i vestiti.
gCosa
fai? No, ti prego, salvami!”
“Ci sto provando,
te lo giuro!”
Lesse
per la prima volta quella formula, avvertendo un dolce alito di
vento sfiorarle un ricciolo caduto sugli occhi.
Guidami
per la strada della conoscenza
Guida il mio volere
e rendi il mio
desiderio
REALE
Ho cercato le prove
Ho ascoltato gli
indizi
Ho scrutato nei
cieli
Per raggiungere il
POTERE
Domanda la mia anima
la dono
e la rimetto
nel tuo REGNO
Lesse
una seconda volta, poi una terza, la voce alta e squillante, il
sorriso disegnato sulle labbra.
Voltò pagina, la
sesta, e riconobbe ciò che aveva così atterrito la sua amica.
gGuenda... mi
uccidi...”
“No, ti giuro...”
Determinata e priva di
remore, lesse ad alta voce la preghiera di Dio al contrario.
Avrebbe raggiunto i
suoi obiettivi, sarebbe giustamente stata rispettata da ogni essere
umano. Non avrebbe subito più le sofferenze della solitudine e
dell'incomprensione correndo per scappare dal fantasma di...
Era una giornata
asfissiante, e il lago era uno specchio che le rimirava dalla strada
polverosa.
Scesero dalle
biciclette, correndo per la ripida discesa che separava le rive
dalla via principale, e si spogliarono in tutta fretta rimanendo in
costume da bagno.
Guenda e Katia, dodici
anni la prima e dieci la seconda, si gettarono, ridendo e
rabbrividendo, nell'acqua dolce e pesante del lago. Rimasero a lungo
a giocare, schizzandosi a vicenda, nella distesa liquida che, a poco
a poco, diveniva più calda e confortevole.
In un momento,
inaspettato e improvviso, IL FATO creò la frattura nella quale
sarebbero precipitate per la vita, entrambe.
Katia, a distanza di
almeno due metri dalla sorella, prese ad urlare, invocando aiuto.
Stava cadendo, stava precipitando, stava morendo.
Guenda, paralizzata dal
terrore, osservò la bambina, non sapendo pensare con lucidità e
continuando ad ascoltare le grida disperate di aiuto. Cosa stava
accadendo? Qualcosa la stava risucchiando negli abissi del lago? E
perché si allontanava da lei come stesse nuotando? Ma non stava
nuotando Katia, urlava a squarciagola, gridava con tutta la forza
necessaria e piangeva.
Piangeva.
Guenda rimase ferma al
suo posto, imbambolata nell'acqua, finché un ultimo grido la destò.
Allora prese a nuotare, ansimante, verso sua sorella. C'era ancora
speranza? La testa era ancora a pelo d'acqua e poteva intravedere
gli occhi semichiusi.
Qualcosa la sfiorò e
la ragazza urlò, irrigidendosi sul posto, a poche bracciate dalla
bambina in fin di vita.
“Aiutami, Guenda, ti
prego, aiutami...”
“C'E' QUALCOSA, C'E'
QUALCOSA QUI! NON POSSO!”
“Guenda... mi
uccidi...”
“NO! TI GIURO CHE...”
E Katia scivolò negli
abissi, inghiottita nell'oscurità del profondo, senza più parlare,
senza più sorridere. Smise di respirare e tutto rimase statico per
molto tempo. Dopo l'ambulanza, dopo i pianti, dopo le colpe e le
ingiustizie, dopo la solitudine e la freddezza dei genitori... Dopo
tutto il dolore, ogni sentimento rimase immutato nel cuore di
Guenda; lo sguardo di odio della bambina, a incolparla di una morte
crudele, e la sua codardia davanti l'ignoto.
Fu improvviso e
fulmineo.
Un lampo cadde tra gli
alberi accanto e un vento gelido le frustò il volto.
Guenda spalancò gli
occhi e rise, soddisfatta . La Dea l'avrebbe salvata dall'agonia dei
suoi giorni, l'avrebbe resa speciale.
Un uomo le si figurò
dinanzi, un essere straordinariamente bello, dai folti capelli
lunghi.
La fissò, fiero e
spavaldo, con una singolare luce negli occhi neri e catalizzanti.
“La Dea dov'è?”
La voce era
controllata, autoritaria, sgarbata.
“Sei arrogante,
ragazzina. Per questo ti ho prescelta.” proferì con un sorriso.
Il vento divenne ancora
più violento, quasi a voler disperdere la ragazza tra le foglie
morte.
“Cosa significa mi
hai prescelta? Chi sei tu?”
L'uomo le si avvicinò,
il gelo aumentò di spessore e le penetrò nelle ossa. Le gambe
presero a tremare e un terrore sordo la pervase.
“Mi uccidi...”
Prese a camminare
indietro, cercando di non inciampare in qualche ramo secco.
“Non sai chi sono,
Guenda? Eppure il libro era un mio regalo per te!”
“Chi... chi sei?”
“Aiutami...”
Perché
sorrideva?
Perché era così
terribilmente bello da provare l'istinto di abbandonarsi in quella
radura, inerme ai suoi voleri?
Deglutì
a fatica e le lacrime presero a colare giù dagli occhi. Il trucco,
pesante, le macchiò le gote rendendo il suo volto una maschera di
terrore.
“Avresti dovuto dar
retta alla tua amica... Le preghiere vanno rispettate. Ma tu non sei
in grado di provare rispetto e compassione, Guenda.
Per questo mi piaci.
Per questo e perché hai ucciso. Qualcuno lo sa? La tua sorellina,
sotto l'acqua, ancora ti chiama...” Ancora quel terribile
bellissimo sorriso sulle labbra.
“STAI ZITTO! NON NE
SAI NULLA! ZITTO! Non ho ucciso nessuno, non ho...”
“Non è forse morta
davanti i tuoi occhi, nel lago? E tu non l'hai lasciata cadere senza
muovere un dito? Eri gelosa, vero?
Così gelosa da
lasciarla soffocare nell'acqua, mangiata come un esca dai pesci.
Sei perfetta per la mia
collezione.”
“ZITTO!”
Continuò ad arretrare,
i piedi indecisi uno dietro l'altro, finché la sua incauta fuga non
fu arrestata da un grande albero secolare.
“Meriti di morire.”
“No... Aspetta, io
non ho ucciso Katia. È morta, c'era una buca, io non ho...
ASPETTA!”
L'uomo impose la sua
mano verso il capo della ragazza attivando un flusso di energia,
violaceo e intenso.
Lentamente, Guenda
avvizzì sotto l'influsso magico, fino a perdere la vita.
Non esisteva più,
coperta oramai dalle foglie gialle e secche.
Un piccola, fragile
farfalla si innalzò in volo, accanto al corpo della vecchia distesa
nel bosco.
“Saluta Katia
senz'anima, Katia dell'oscuro colma di odio, Katia ubriaca di
rancore. È lei che ti ha scelta, lei che ti ha seguito in questi
anni, lei e nessun altro. Mi ha chiamato, mi ha invocato dal regno
dei morti e mi ha assoldato. La vendetta... siete così cattivi voi
umani, anche da morti. Ora, la sua anima mi appartiene, la tua mi
apparterrà...”
L'uomo afferrò il
libro dalle braccia ossute della vecchia e si voltò.
Si incamminò nel fitto
del bosco e scomparve, dimentico e dimenticato, in una grande lingua
di fuoco.
Una farfalla si librò
nell'aria, libera nel cielo plumbeo, e seguì una ragazza dai
capelli corvini, lunghi e lisci. Il trucco leggero e le lacrime
negli occhi, la fanciulla camminava sola come solitaria era la sua
esistenza.
Sandra giunse alla
macchina, voltandosi un'ultima volta verso il bosco.
Ogni anno, da quattro
anni, tornava nella radura dove per l'ultima volta aveva visto la
sua amica viva. Nessuno ne aveva più avuto notizie, ma lei
avvertiva la sua colpevolezza nel cuore.
Non avrebbe mai dovuto
lasciarla sola, quel giorno.
“Voglio rimanere
sola, io e il MIO libro.”
“Guenda... per
favore...”
Deterse le lacrime con
il dorso della mano e avviò il motore della sua Jeep. Avrebbe mai
perdonato sé stessa per aver abbandonato la sua amica?
Non riusciva a
concedersi una risposta, ma le parole urlate quel pomeriggio nel
bosco risuonavano ancora limpide e chiare nelle sue orecchie, ogni
mattina al risveglio.
Si allontanò dal viale
alberato e percorse la strada principale, guidando per tornare a
casa dai suoi figli e suo marito. Dimenticò la sua tristezza e
distese i lineamenti, avrebbe vissuto la vita traendo vantaggi dagli
errori del passato.
Erano passati anni, ma
Guenda non aveva dimenticato.
Fece dono della sua
anima e decise la meta.
Era pronta una nuova
vittima, una variopinta farfalla per la vasta teca del Diavolo.
La teca della vendetta.
La teca delle anime.
Astri di paura - 0111 edizioni - 2009
Nessun commento:
Posta un commento