venerdì 12 dicembre 2014

Di morte e d'ambra di Ashara Amati

Di morte e d'ambra (Damster - Eroxè, dove l'eros si fa parola)

Come iniziare una recensione di un libro imparagonabile a nulla di quanto letto fino a ora? Come risultare originale lì dove l'autrice ha già compiuto il miracolo tra le pagine della sua opera? Cosa dire di differente dall'emozione che può scaturire dalla lettura di Di Morte e D'Ambra senza risultare prolissa, inutile, inferiore e incapace di rendere la meraviglia tramite un semplice commento volto a incuriosire voi tutti? Dopo tre volte che inizio e cancello, proverò a incedere lentamente, a differenza della veemenza con cui Ashara Amati catapulta il lettura nel regno di Etra, nei suoi incubi, nel suo timore del fato. Chi non ha conosciuto il mito di Teseo, di Arianna e del Minotauro? Seppur vagamente, visioni di uomini dalla testa di toro, donne dalla chioma fatta di serpenti si intersecano, sovrappongono, restituendo alla mente una visione distorta della storia, quasi si trattasse di un caleidoscopio che da bimbi ci si divertiva a osservare cercando forme sempre nuove. E i miti greci sono un po' così, per chi come me li ha studiati parecchi anni fa. Si ricorda l'incanto delle gesta, l'idea di taluni personaggi, il coraggio ostentato nei caratteri degli eroi. Eppure si coglieva, già allora, una nota stonata. Come se l'eroe non fosse poi così forte e gagliardo, come se i deboli mascherati da mostri sempre deboli fossero. Restituendo una parvenza di realtà alle immagini mitologiche e magiche, proprie di un'epoca che stentiamo a riconoscere come realmente apparsa nel mondo conosciuto, Ashara si inerpica nell'intricato profilo del sentiero che conduce tra Creta e Atene, cantando con infinita delicatezza e inaspettato ardore una visione del mito come pochi sarebbero capaci di evocare senza scadere nello scontato. Di Morte e D'Ambra parte in sordina, da molto lontano, dagli albori di una storia che è forse la più bella di tutta la mitologia greca. Vengono presentati uno a uno i vari personaggi del fitto gioco delle Parche, la loro psicologia, le loro gesta meritevoli di attenzione perché vive e pulsanti nel quadro generale che farà da scenario al dramma dell'unica eroina di tutta l'opera, ovvero Arianna. Pur essendo Teseo e il Minotauro coloro che, negli anni, sono emersi per rimanere impressi nella memoria, è Arianna la vera protagonista del romanzo di Ashara. E rimane tale, pur essendo bastarda, pur essendo quella che verrebbe definita “attrice non protagonista”. Come nella vita reale, l'erotismo è il filo conduttore delle passioni e degli ardori che muovono i personaggi e i loro istinti. Sconvolgente, a tratti anche irriverente per crudeltà e assoluta ruvidezza, l'autrice tesse una visione lungi dall'essere edulcorata della vita greca, delle abitudini, degli usi e costumi dell'epoca, condannando taluni fermamente, senza il minimo ripensamento, e osannando altri. E la correlazione con la condanna del pregiudizio nell'epoca moderna è chiara e lapalissiana. Ashara si scaglia contro la visione maschilistica e bigotta di Teseo, schierandosi apertamente con la bellezza della libertà ostentata nel mondo cretese dove la donna era considerata molto più che ora nella società. Non solo oggetto sessuale la figura femminile, quindi, bensì colei che detiene il potere della procreazione, della sensualità, della femminilità. Forte e capace di prendere in mano il destino di un intero popolo (vedi Acalla e la sua discendenza al trono) la donna era il simbolo della Madre e non a caso ne conservava il fulcro del piacere, quello che poi determinerà il destino di molti. Facendo leva sul sesso, sia questo mosso dall'amore o da meri fini pratici, vengono decretate le sorti di tutte le pedine che concorrono al raggiungimento del climax, che devo dire riesce in maniera magistrale e davvero suggestivo. Ashara coinvolge, stupisce, e fornisce la prova che di talenti ne è piena l'editoria e spesso laddove nessuno andrebbe mai a sospettare. Negli ultimi mesi si è assistito a un incremento della pubblicazione del genere erotico, quasi si trattasse di una fiera alla quale chiunque può partecipare con il proprio banchetto, come se scrivere di amplessi sia semplice quanto fare uno zucchero filato. Ashara Amati arriva proprio quando avevo perso le speranze e lo fa in maniera positivamente scioccante, fornendo spunti, mostrando un'originalità del tutto inusuale, descrivendo senza parsimonia amplessi ricchi, mai stucchevoli, appaganti quanto realistici. Mai preda di snobismo, capace di parlare di perversione senza scadere nel viscido costume di molti, l'autrice mostra usanze e costumi, situazioni che sono in voga dalla notte dei tempi (quella di 50 sfumature non s'è inventata niente e i doppi falli c'erano pure tra gli Egizi) e lo fa in maniera nuova, totalizzante, estremamente fine. Sconvolge il percorso di maturazione di Teseo, il suo crescere nel male e la sua fredda determinazione priva di scrupoli. In un'epoca e n una cultura dove l'uomo davvero aveva pieno controllo e potere, Teseo incarna la perversione, il sottomesso che si riscatta e diviene ancor peggiore del suo aguzzino. Fa riflettere l'involuzione psicologica di Asterio, alias Minotauro, il suo mutamento davanti alle brutture di una guerra sanguinaria e mai umana. Commuove, infine, il personaggio di Arianna perché rispecchiante la donna moderna oltre ogni logica, così dannatamente attuale da lasciar sgomenti. Ci sarebbero milioni di cose da dire riguardo Di Morte e D'Ambra, ma non sarei comunque in grado di trasporre da sola le emozioni provate, le sensazioni molteplici che fanno di Ashara una scrittrice con la s maiuscola. Spero vinca il contest in cui gareggia perché credo fermamente il suo sia il romanzo migliore letto tra tutti e oltre. Ashara merita il cartaceo, curato in ogni particolare, perché il suo è UN LIBRO, diamine!

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